La “survey” sperimentale di Aliprandi

Alcuni giorni fa sono stati pubblicati i risultati emersi dalla “survey” che l’avvocato Simone Aliprandi ha condotto nel 2011 per la sua tesi di dottorato, dal titolo “Il diritto d’autore nell’era digitale: comportamenti, percezione sociale e livello di consapevolezza”. La metodologia utilizzata è stata quella del questionario online (aperto per 120 giorni, dal 1° febbraio al 1° giugno e disponibile sia in italiano che in inglese) con metodo “Cawi” (Computer Assisted Web Interviewing). Nell’ambito del suo studio, suddiviso in due sezioni, una dedicata all’Italia de una al resto del mondo, Aliprandi ha intervistato circa 1.800 soggetti (1.300 per l’Italia e 500 per  il resto del mondo). L’intento del promotore, come egli stesso dichiara, è stato l’avvio di un’analisi preliminare e sperimentale su come il tema del diritto d’autore nell’era digitale possa essere studiato e approfondito con strumenti più tipicamente sociologici e non strettamente giuridici o economici. Una sorta di “progetto pilota”.
Il questionario ha messo a fuoco 3 importanti macro-aree di indagine:
-       I comportamenti più comuni tra gli utenti della rete;
-       La percezione degli utenti del web rispetto al problema “diritto d’autore”;
-       Il livello di consapevolezza ed informazione degli internauti sui meccanismi e principi alla base del diritto d’autore.
Si segnala che Aliprandi ha deciso di mettere a disposizione il suo studio in modalità “open” con licenze Creative Commons.
In questa sede, abbiamo deciso di concentrarci sulla sezione italiana dello studio, i cui risultati offrono interessanti spunti di riflessione. Si segnala che i “rispondenti” per l’Italia si collocano, per quasi l’80 % nella fascia 18-44 anni, con un livello di scolarizzazione medio-alto.
Emerge il deficit di percezione che ancora permane nel nostro Paese circa la difesa del copyright. Chi scarica illegalmente, non percepisce un senso di colpa per il tipo di azione illegale che commette; il downloading illegale di programmi, contenuti, opere musicali non viene equiparato al furto degli stessi prodotti su supporto fisico e, soprattutto, benché molti riconoscano la pratica dello “scaricamento”come illegale, la maggior parte di loro la considera comunque “socialmente accettata / accettabile”. Il problema probabilmente risiede proprio in questo tipo di percezione, anche alla luce dell’osservazione che la maggior parte di coloro che hanno compilato il questionario non comprende che scaricare illegalmente contenuti creativi danneggi l’industria nel suo complesso, ma credono arrechi danni soltanto le società che producono e vendono queste opere.

Per un approfondimento http://copyrightsurvey.blogspot.it/

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E.) 16 ottobre 2012

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