Prosegue ormai da alcuni mesi la battaglia degli editori europei “contro” Google, che rappresenta senza dubbio l’incarnazione del “nuovo aggregatore” che rischia di degenerare in agente parassitario dell’industria mediale e culturale.
Ricordiamo che il periodo è particolarmente sfavorevole per gli editori di giornali e riviste in carta stampata… da una parte, la crisi dell’Eurozona che ha determinato una contrazione dei consumi (e quindi anche dell’acquisto dei giornali), dall’altro il passaggio epocale – talvolta drammatico – dalla carta al web. Si stima che nel 2012 abbiano perso il lavoro, in Usa, circa un terzo dei giornalisti della carta stampata.
E’ così che già dalla fine del 2012 gli editori (le loro associazioni) di alcuni tra i principali Paesi europei hanno fatto blocco contro il gigante della rete Google che, senza dar loro alcuna remunerazione, indicizzava i loro articoli.
Il primo Paese a raggiungere un traguardo in questa battaglia è stata la Francia che – ricordiamo – ha firmato lo scorso febbraio un accordo – definito “storico” – con “Big G”, ottenendo un fondo di 60 milioni di euro per contribuire alla transizione al digitale dell’editoria cartacea transalpina (poca cosa rispetto alle aspettative iniziali, ma comunque un riconoscimento del senso della battaglia).
Anche la Germania si era mossa proattivamente e agli inizi di marzo 2013 la proposta di legge nota col nome di “Google Tax”, avviata prima dell’estate, ha ricevuto l’approvazione (dopo quella del Bundestag) anche dell’Alta Camera tedesca (il Bundesrat). L’effettiva entrata in vigore della legge implicherebbe una remunerazione per l’editoria tedesca, da parte di Google, per gli articoli indicizzati sul servizio Google News (anche se sono stati successivamente esclusi dal pagamento gli “snippets” – frammenti – e i link). La regolamentazione della nuova legge è ancora oggetto di discussioni e trattative, ma senza dubbio si tratta di un risultato ben concreto.
L’editoria portoghese intanto sta attraversando la peggiore recessione degli ultimi 50 anni. E, probabilmente incoraggiata dai “precedenti” di Francia e Germania (la situazione tedesca è appunto in divenire), attraverso la Confederação Portuguesa dos Meios de Comunicação Social (Cpmcs) – la più grande e rappresentativa associazione di media portoghesi – ha deciso di andare anch’essa a bussare con decisione alle casse di “Big G”. E’ così che Alberico Fernandes, Presidente della confederazione lusitana dei mass-media, ha chiesto un incontro urgente con i leader del motore di ricerca di Mountain View. La richiesta avanzata dalla Confederazione s’è concretizzata, come prevedibile, in una remunerazione economica per l’indicizzazione degli articoli su Google News. Dal canto suo, Google ha fatto “orecchie da mercante”, anche se, come era già accaduto in Francia, ha fornito ai media portoghesi della Cpmcs piena disponibilità a cooperare per rendere più redditizi i loro contenuti, offrendogli quindi una boccata d’ossigeno in un momento di particolare criticità del settore: Google come facilitatore dei nuovi modelli di business: il terribile “parassita” che diviene benevolente “angel capitalist”?! Nei mesi scorsi, infatti, oltre a tagli e licenziamenti, molti editori portoghesi sono stati costretti alla chiusura e al fallimento. I “sopravvissuti” continuano quotidianamente a lottare contro il calo delle vendite che si associa al crollo degli introiti pubblicitari, in un terribile circolo vizioso. In questo scenario “apocalittico”, l’unico settore in crescita rimane – appunto – quello dell’editoria online, anche da un punto di vista pubblicitario. È così che l’editoria portoghese ha deciso di unirsi al coro delle associazioni di editori di molti Paesi europei per ottenere una remunerazione su quel fronte.
Nonostante Google abbia ribadito la propria intenzione a proseguire nelle negoziazioni, il primo incontro tra le parti si è concluso con una “fumata nera”, ma non si escludono futuri ripensamenti.
Alberico Fernandes ha spiegato all’agenzia stampa Reuters che i responsabili dell’area iberico-portoghese di Google, nella prima riunione (tenutasi a fine marzo), hanno respinto qualsiasi richiesta monetaria. Il Presidente della Cpmcs ha ribadito, in modo chiaro ed inequivocabile: “La nostra posizione non cambia: i contenuti che finiscono su Google News devono essere pagati”.
Decisamente più netto e radicale l’intervento di Francisco Pinto Belsemao, esponente di riferimento dei media portoghesi (a capo del gruppo lusitano Impresa), nonché Presidente dello European Publishers Council, che ha denunciato che i motori di ricerca sul web si appropriano, indebitamente, del 90 % dei profitti derivanti dalla pubblicità online, lasciando agli altri mezzi – che però ricoprono un ruolo determinante nella produzione dei contenuti che vengono veicolati – solo le briciole. Ha quindi aggiunto che i contenuti prodotti dai media (tradizionali) rappresentano una parte rilevante della fonte di quelle entrate, esortando quindi a porre fine alla “rapina” in atto.
Le parti coinvolte, ovvero il Cpmcs e Google, nonostante gli iniziali attriti, hanno comunque programmato di tenere ulteriori riunioni. Non resta quindi che attendere gli esiti del negoziato.
(a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 4 aprile 2013