Le elezioni politiche sono imminenti, e, senza offendere uno schieramento o l’altro, va osservato come poca sia l’attenzione dedicata dai partiti e dalle coalizioni alla “cultura”, intesa in senso lato, dai beni museali all’agenda digitale.
Una qualche attenzione è stata manifestata da due testate giornalistiche: “Il Sole 24 Ore”, che sviluppa una sua battaglia, a partire dal “manifesto” pubblicato il 19 febbraio 2012, ed il “Corriere della Sera”, che sembra quasi aver seguito la via tracciata dal concorrente confindustriale, pubblicando un appello a firma di Ernesto Galli della Loggia e Roberto Esposito, il 26 gennaio 2013, per la creazione di un “nuovo” Ministero per la Cultura…
Da segnalare anche altre recenti iniziative di sensibilizzazione, come “Ripartire dalla cultura”, promossa da Federculture, Aib, Icom, Italia Nostra, Legambiente, Fai ed Anci, e come “Abbracciamo la cultura”, promossa da una coalizione cui hanno aderito oltre cento soggetti, tra cui Agenquadrim, Aib (Associazione Italiana Biblioteche), Ana (Associazione Nazionale Archeologi), Arci, Assotecnici (Associazione Nazionale dei Tecnici per la tutela dei beni culturali, ambientali, paesaggistici), Auser, Cgil, Cia (Confederazione Italiana Archeologi), Federagit (Guide Turistiche Confesercenti), FiteL (Federazione Italiana Tempo Libero), Iac (Italian Association of Conservation Scientists), Iaml Italia (Associazione Italiana delle Biblioteche, Archivi, Centri di documentazione musicali), Inu (Istituto Nazionale d’Urbanistica), Legambiente… E potremmo ricordare l’appello promosso da Agis contro gli ulteriori “tagli” al Fondo Unico per lo Spettacolo (registrati proprio durante queste settimane di campagna elettorale), o le varie lamentazioni sui ritardi nel concreto avvio dell’Agenzia per l’Italia Digitale (istituita con il “decreto sviluppo” del giugno 2012, ma ancora non operativa)…
In tutto questo scenario, depresso e deprimente (tante le aspettative delle molte anime del sistema culturale nazionale, pochi gli impegni concreti assunti dai politici), modesta appare l’attenzione politica nei confronti delle pur strategiche tematiche del diritto d’autore. Va anche segnalato che la stessa “battaglia” contro il “new deal” della Siae (il 1° marzo dovrebbero tenersi le elezioni secondo il nuovo statuto, che prevede una democrazia…“plutocratica” – chi riceve di più dalla Siae, più voti ha… – mentre pende un ricorso presso il Tar del Lazio, ed il 20 febbraio si saprà se verrà concessa una sospensiva al processo elettorale) non sembra aver appassionato né gli operatori del settore né la stampa. Né è entrato nelle “agende” dei vari candidati.
In questo scenario, crediamo assuma una sua discreta importanza la “lettera aperta” che la Federazione Italiana Editori Giornali ha fatto pubblicare, il 13 febbraio 2013, su un paio di quotidiani nazionali, come “avviso a pagamento”: la presa di posizione della Fieg affronta anzitutto una macro-questione come la riforma del settore, propone una logica molto chiara sintetizzabile nello slogan “no a sovvenzioni, sì a incentivi fiscali”, affronta questioni come la distribuzione, il lavoro, ma una delle questioni nodali sottoposte all’attenzione del “governo che verrà” è proprio il diritto d’autore.
Si legge nel documento Fieg: “Diritto d’autore. Le aziende editrici italiane hanno razionalizzato i costi, per riacquisire efficienza e frenare il declino della redditività, ed hanno diversificato le loro attività, confrontandosi con un ambiente sempre più multimediale. Ma non hanno mai trovato nelle politiche pubbliche sufficiente interesse per la protezione di chi produce contenuti editoriali di qualità e per la salvaguardia di tutte quelle risorse – economiche, umane e tecniche – indispensabili alla loro realizzazione e, più in generale, alla sopravvivenza di una informazione libera e credibile. Libertà di stampa e pluralismo sono possibili solo con imprese editrici autonome ed economicamente sane, che operino in un contesto di regole di mercato. Rafforzare l’effettività della tutela del diritto d’autore in Internet rispetto ai molteplici fenomeni di sfruttamento parassitario dei contenuti editoriali significa rafforzare le imprese stesse, la loro economicità e la loro capacità di sviluppare e sperimentare nuove forme di comunicazione multimediale”.
Si tratta di tesi sintetiche, chiare, consapevoli. Nella disamina complessiva della situazione di criticità del comparto dell’editoria quotidiana, viene dato il giusto risalto al diritto d’autore ed all’annoso problema della pirateria digitale. In una situazione di sempre maggiore scarsità di risorse (peraltro anche i contributi pubblici sono in continuo calo), un sistema di tutele per i produttori di contenuti – siano essi informazioni piuttosto che audiovisivi o musica – è più che mai urgente e fondamentale, per salvaguardare le risorse necessarie alla produzione stessa dei contenuti, come enfatizza la Fieg. Ci sentiamo sintonici rispetto a quanto richiesto dalla Fieg al prossimo Governo, ed in linea con quanto ribadito più volte anche su queste colonne. Ancor più, ribadiamo, in un periodo di profonda crisi economica qual è l’attuale. La qualità dell’informazione e la tutela del pluralismo sono valori fondamentali per un Paese che voglia definirsi democratico. Ma la tutela di questi capisaldi passa anche attraverso un sistema di “garanzie” e tutele di coloro che profondono tempo, energie e risorse economiche nella loro produzione.
Un intervento sul diritto d’autore – tante volte rimandato – da parte dell’Agcom è oggi particolarmente urgente. Questa legittima richiesta sembra esser stata colta dai membri dell’Autorità (o, almeno, da alcuni di loro), che assicurano un intervento a breve. Anche in un recente convegno, tenutosi il 5 febbraio scorso alla Luiss “Guido Carli” di Roma, il Presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, ha espresso l’intenzione dell’Autorità, anche in assenza di interventi legislativi, di riaprire il dossier sul diritto d’autore. Stessa tesi era stata sostenuta nei mesi scorsi dal Commissario Maurizio Dècina, mentre il Commissario Antonio Preto, su “la Repubblica” del 12 dicembre 2012, aveva invece sostenuto “La questione entra ufficialmente nel nostro piano di lavoro, ma non sprecheremo energie e non faremo fughe in avanti. Il nostro primo atto sarà appellarci al Parlamento che sarà eletto a febbraio”. Temiamo che se l’Agcom vorrà attendere il Parlamento ed il nuovo Esecutivo, la questione slitterà di molti mesi, e quindi va auspicato un intervento dell’Autorità.
A questa “lettera aperta” della Fieg, si è aggiunto, a distanza di un paio di giorni, l’appello dell’Fnsi, Federazione Nazionale della Stampa Italiana. La situazione di crisi generale che si ripercuote sul comparto editoriale e sulla stampa quotidiana e periodica ha portato giornalisti ed editori a fare fronte comune, per salvaguardare questo comparto sistema dell’informazione che, nonostante le nuove tecnologie, offre informazioni ad oltre 20 milioni di italiani ogni giorno. La stampa “scritta” è viva e vivace, il supporto cartaceo non è un ricordo del passato. Fieg, come si legge nella “lettera aperta”, oltre ad un intervento in materia di diritto d’autore, richiede un maggiore impegno e soprattutto un maggiore coordinamento negli aiuti pubblici al settore. La Fieg rifiuta gli interventi a pioggia e “spot”, ma invoca un sistema di tutela e di sostegni coordinati e continuativi. Non sorprende l’appello, soprattutto in questo periodo in cui particolarmente evidenti sono le difficoltà di gruppi di primo livello nell’editoria nazionale, come Rcs e Mondadori.
Va ricordato che solo pochi giorni fa in Francia è stato firmato quello che lo stesso Presidente Hollande ha definito “accordo storico” tra una ampia fetta dell’editoria d’Oltralpe e Google France (per un approfondimento vedi post del 4 febbraio scorso “Le rassegne stampa vampirizzate: in Francia, siglato accordo “storico” tra Google e l’Eliseo”). Pur rimanendo scettici sull’effettiva portata storica dell’accordo, avevamo previsto che la situazione francese avrebbe determinato “effetti domino” anche in altri Paesi impegnati nelle stesse battaglie. L’accordo francese ha infatti provocato aspettative anche in altri Paesi, dove editori e giornalisti vogliono veder riconosciuti i propri diritti ed il proprio lavoro. E quindi, come prevedibile, anche in Italia, alle altre richieste, si aggiunge quella di un sistema di aiuti che tenga conto della crisi economica, e degli investimenti necessari alla trasformazione tecnologica.
Da segnalare infine che in un’altra “lettera aperta”, pubblicata oggi 18 febbraio sul “Corriere della Sera”, i presidenti dell’Anica e dell’Aie lamentano anche loro la assenza delle parole stesse “industrie culturali” nei programmi delle varie parti politiche (l’articolo si intitola a chiare lettere “Una politica industriale per la cultura”). Rispetto alle questioni generali, ne identificano una: l’istruzione. Riccardo Tozzi e Marco Polillo ritengono prioritario “introdurre la frequentazione, la conoscenza e l’uso di oggetti culturali (libro, musica, cinema)” nella scuola italiana, altrimenti “non aumenterà mai il ‘circolo dei cinque milioni’: tanti sono (meno del 10 % della popolazione) gli italiani che in un anno hanno un’abitudine alla fruizione dei prodotti culturali”. Ci consentano Tozzi e Polillo di obiettare che forse queste statistiche (la fonte non viene citata) sono ingannevoli: in verità, gli italiani che fruiscono di musica ed audiovisivo (per quanto riguarda i libri, il discorso è diverso) sono di più, ma il problema è che fruiscono di prodotti “piratati”. Se c’è una “questione generale” su cui concentrare l’attenzione del “policy maker” futuro è la lotta alla pirateria e la stimolazione di modelli di fruizione (e di business) che non portino al depauperamento complessivo del sistema culturale nazionale.
( a cura della redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 18 febbraio 2013