Il regolamento della discordia entra in vigore il 31 marzo 2014: considerazioni a freddo, ad un mese e mezzo dall’approvazione, mentre la Commissione Europea ancora s’interroga…
Il 12 dicembre 2013, dopo lunga e travagliata attesa, il consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni – presieduta da Angelo Marcello Cardani – ha approvato all’unanimità (in realtà non ha partecipato alla votazione il nuovo Commissario Antonio Nicita, “in quota” Pd, che ha preso il posto del dimissionario Maurizio Décina) il regolamento in materia di diritto d’autore online. Tecnicamente, si tratta della “Delibera n. 680/13/Cons”. Relatori i Commissari Francesco Posteraro (secondo alcuni osservatori, in quota “Udc”) e Antonio Martusciello (secondo alcuni, in quota “Forza Italia”).
Il procedimento è stato approvato solo dopo un lungo periodo di consultazione con i soggetti interessati ed una controversa interlocuzione con la Commissione Europea. Ottenuto il via libera da parte di quest’ultima, entrerà in vigore a partire dal 31 marzo 2014. Una prima bozza ovvero uno “schema di regolamento” era stato approvato il 25 luglio 2013, ottenendo il via libera definitivo, anche seguito di una rinnovata consultazione, lo scorso dicembre appunto, con l’approvazione del regolamento.
Piace qui ricordare che la polemica italiana intorno alla protezione del diritto d’autore online ha radici ben lontane.
Già nel 2010, quando l’Autorità era presieduta da Corrado Calabrò, l’Agcom aveva presentato una bozza di regolamento, modificato nel luglio 2011 a seguito della prima consultazione pubblica. Conclusa anche una seconda consultazione, nel marzo 2012 il Presidente Calabrò, ormai prossimo al termine del mandato, aveva dichiarato, in audizione parlamentare, l’intenzione di rimandare l’adozione del regolamento. Testualmente: in attesa che “veda la luce” una norma di legge della Presidenza del Consiglio che “ribadisce la legittimazione di Agcom e ne definisce meglio la competenza ed i poteri dell’autorità nella materia del diritto d’autore”.
Che la rinnovata Agcom avesse invece effettivamente deciso di intervenire, dopo lunghissima attesa ed in perdurante assenza di nuove normative, era emerso in modo inequivocabile anche in occasione dello stimolante workshop del 24 maggio 2013, “Il diritto d’autore online: modelli a confronti”, tenutosi in pompa magna presso la Camera dei Deputati.
In base alla novella normativa, l’Agcom non agirà d’ufficio, ma sarà il titolare di diritti che ritiene la propria opera diffusa illegalmente a doversi rivolgere con una istanza all’Autorità, che metterà in moto uno specifico iter procedurale. I tempi stabiliti sono particolarmente celeri: 35 giorni per un normale iter, 12 giorni in caso di violazioni “massive” (concetto che pure presenta qualche margine di difficoltà interpretatativa). Entro 7 giorni dalla segnalazione, l’Autorità si impegna a valutare l’istanza, e quindi stabilisce se archiviare o procedere. In quest’ultimo caso, accertato l’illecito, darà 5 giorni di tempo ai “provider” che ospitano i contenuti di presentare obiezioni difensive. Se queste non saranno ritenute convincenti, nei successivi 3 giorni il provider dovrà procedere alla rimozione del contenuto incriminato. Le sanzioni saranno progressive: vanno dalla “rimozione selettiva” del contenuto fino alla “chiusura dell’accesso” al sito, qualora si tratti di forme massive di violazione. Nel caso il provider – ma anche l’uploader e i gestori della pagina e del sito internet possono far concludere la procedura – invitato a rimuovere il contenuto non rispettasse il “diktat” di Agcom, è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria fino a 250mila euro. Una volta conclusasi la procedura, il proprietario dello spazio considerato colpevole ha come unica chance di reazione il ricorso al Tar.
In altri termini, l’Autorità può ordinare la rimozione selettiva delle opere digitali che violano il copyright o, nel caso di violazioni massicce, di disabilitare l’accesso alle suddette (o al sito, nel caso di server ubicato fuori dal territorio nazionale) o di reindirizzare automaticamente verso una pagina Internet redatta secondo le modalità indicate dall’Autorità.
Ad affiancare il meccanismo per così dire “repressivo”, l’Autorità ha istituito un Comitato Tecnico, presieduto dal Segretario Generale dell’Autorità, Francesco Sclafani (in carica da marzo 2013), e composto dai rappresentanti di “tutti” gli stakeholder, che avrà il compito di favorire la promozione dell’offerta legale. La composizione del Comitato Tecnico appare a rischio di deriva pletorica: si tratta di ben 16 componenti, ovvero un rappresentante delle principali associazioni di settore: consumatori, autori, artisti, interpreti, editori, produttori, distributori, fornitori di servizi di media, prestatori di servizi della società dell’informazione… per ben 8 membri. Cui si aggiungono altri 7 rappresentanti: un rappresentante ognuno per la Siae, per il Comitato Permanente per il Diritto d’Autore presso il Mibact, per il Comitato Tecnico Contro la Pirateria presso il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comitato per l’Applicazione del Codice di Autoregolamentazione “Media e Minori” istituito presso il Dipartimento Comunicazioni del Mise, Polizia Postale, Nucleo Speciale per la Radiodiffusione e l’Editoria della Guardia di Finanza, Sezioni specializzate in materia di Proprietà industriale ed intellettuale… si arriva quindi a 15 membri, anzi 16 (col Segretario Generale Agcom): preoccupa l’indefinita quantificazione dei componenti funzionari dell’Agcom (il regolamento, all’art. 4, comma 1, lettera c., recita un discrezionale… “rappresentanti dell’Autorità”). Curioso – ed in verità intollerabile in un Paese evoluto – quanto previsto per quanto riguarda “il raggiungimento di intese” tra gli “stakeholder” cui supra: l’adozione di codici di condotta, di accordi di licenza, di finestre di distribuzione (ovvero degli strumenti che possano promuovere una semplificazione della filiera dell’audiovisivo online) potrà avvenire “anche avvalendosi della collaborazione a titolo gratuito di centri di ricerca”. A titolo gratuito?! Comprendiamo le esigenze di “spending review”, ma sia consentito osservare che questo vincolo di gratuità non stimola certo la qualità degli apporti dei ricercatori coinvolti: perché mai professionisti qualificati dovrebbero lavorare gratis per l’Agcom?!
Va segnalato che gli effetti di contrasto degli illeciti non vengono giustamente ritenuti dall’Agcom sufficienti di per sé a incentivare una cultura della legalità, questione ben più complessa verso la quale varrebbe forse la pena richiamare in campo un problema “educativo” di base.
Va ricordato che in Italia si soffre di un ritardo nell’adeguamento dei modelli di business: basti ricordare che Anica annuncia da oltre un anno una propria autonoma piattaforma online, che tarda però a vedere luce. Si ricordi anche che è entrato nel business dell’offerta “pay” via web di contenuti audiovisivi legali un innovativo servizio “streaming” promosso da Mediaset, Infinity (servizio “pay on demand” in streaming visibile su smart tv, tablet, pc, console, ecc.), che sembra essere stato lanciato anche per presidiare il territorio italiano dalla prospettata entrata nel nostro mercato di un “player” come Netflix.
Come molte volte è stato ribadito dal Presidente Cardani e dai suoi Commissari, in sostanza, il nuovo regolamento Agcom non intende colpire l’utente finale, né limitare la sua libertà in rete sulla base di un meccanismo di monitoraggio (o “spionaggio” che sia, secondo i detrattori) che ricorda il modello francese dell’Hadopi, ma mira anzitutto a contrastare forme massive di pirateria.
Nessuna reale o comunque significativa interferenza quindi, nel bene e nel male, per tutti coloro (i cosiddetti “scariconi”) che praticano “peer-to-peer” e “downloading” sostanzialmente illegale. Il regolamento Agcom non li disturberà, nelle loro… basse pratiche: non direttamente almeno. In sostanza, il regolamento Agcom intende punire la grande pirateria e tutelare l’industria culturale, senza colpire brutalmente gli utilizzatori finali, i “downloader” filo-pirata… In estrema sintesi, Agcom intende colpire l’“uploader”, non il “downloader”.
Il regolamento prevede due procedimenti sanzionatori: ordinario e abbreviato. Quest’ultimo s’avvia automaticamente qualora la segnalazione arrivi da una delle associazioni che detengono i diritti, oppure quando i fatti configurino un’ipotesi di grave lesione dei diritti di sfruttamento economico dell’opera digitale, o nell’ipotesi di violazione di carattere massiccio.
Da segnalare anche che il procedimento amministrativo definito dal Regolamento Agcom è alternativo ma non sostitutivo di quello giudiziario: è prevista l’archiviazione degli atti, se il titolare dei diritti si rivolge all’autorità giudiziaria.
Il 25 gennaio 2014, un dispaccio dell’Adnkronos informava che l’Agcom si sta preparando alla gestione della grande mole di istanze che perverranno, soprattutto nei primi giorni di vigenza del Regolamento. Non risulta sia stata elaborata una stima predittiva della quantità di segnalazioni che perverranno all’Autorità dai primi di aprile… Per trovarsi pronta a questa nuova sfida, oltre ad riorganizzare i propri uffici, l’Agcom sta attivando collaborazioni anzitutto con la Siae (la Società Italiana Autori Editori), con la Guardia di Finanza (si ricorda che esiste un Nucleo Speciale operante presso la stessa Agcom) e con la Fondazione “Ugo Bordoni” (nata nel 1952 in seno al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni è attualmente una “istituzione di alta cultura e ricerca soggetta alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico”; si ricordi che il Comitato di Fondatori è formato da Poste Italiane, Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3g, Ericsson).
Il regolamento, ancor prima della sua approvazione, ha di fatto ri-spaccato in due l’opinione pubblica italiana.
Nei giorni e nelle ore antecedenti l’annunciata approvazione, si è assistito ad un fuoco di artificio di dichiarazioni da “dietro le quinte”, di cui non hanno scritto molto né quotidiani né periodici, ma di cui resta ampia prova nelle decine di dispacci di agenzie di stampa. La Presidente della Camera Laura Boldrini aveva auspicato, e quindi ritenuto preferibile, un intervento normativo, su un tema “così delicato”. Il Ministro agli Affari Esteri Emma Bonino ha sostenuto che “non spetta all’Agcom predisporre sanzioni in materia di proprietà intellettuale”…
Ci limitiamo a segnalare l’evidente contraddizione del Pd, ovvero la “contraddizione interna” al Partito Democratico. Il 5 dicembre 2013, Felice Casson (Vice Presidente della Commissione Giustizia del Senato e primo firmatario di un ddl in materia, sottoscritto da altri 9 senatori del Pd), aveva chiesto all’Agcom “la sospensione dell’iter”… L’11 dicembre, Lorenza Bonaccorsi, parlamentare del Pd, annunciava che avrebbe chiesto alla Presidente Boldrini “chiarimenti sul blitz” in gestazione. L’onorevole Gianluca Benamati, anche lui del Pd, esprimeva invece “apprezzamento per la prossima emissione del regolamento”… La piddina Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato, aveva auspicato l’approvazione del regolamento… Il giorno prima dell’approvazione del regolamento, dopo le variegate dichiarazioni dei colleghi di partito, il Presidente della Commissione Cultura al Senato, Andrea Marcucci, cercava una posizione di mediazione tra le varie anime, e dichiarava (citando Casson) con modalità cerchiobottiste: “il regolamento Agcom è utile, ma serve una legge”…
Un qualche commento “ex post”, a cose fatte, ovvero regolamento – nel bene e nel male – approvato.
Da una parte, forte è stata l’attesa, e grande quindi l’esultazione ed il plauso, da parte delle principali industrie di contenuti del Paese: Siae, Fieg, Anica…
Riccardo Tozzi, Presidente Anica (Associazione Nazionale Produttori Cinematografici, Audiovisivi e Multimediali) ha così commentato: “Rendere internet un luogo di diffusione legale dei contenuti è un principio imprescindibile per la crescita economica e culturale del nostro Paese”. Marco Polillo, Presidente di Confindustria Cultura, ha addirittura affermato: “La consideriamo una vittoria epocale della cultura italiana contro i pirati e chi li sostiene, della legalità contro la criminalità organizzata, dell’Italia che lavora contro quella che fa demagogia”. Mauro Masi (attualmente Presidente Consap, ma già Dg Rai ed ancor prima Commissario straordinario della Siae), ha scritto che si tratterebbe di un passo storico: “il tentativo più importante attuato nel nostro Paese per difendere il diritto d’autore sin dalla famosa legge Bottai del 1942”. Parole forti e forse eccessivamente entusiastiche, ma – senza dubbio – in una situazione stagnante, anche un piccolo sassolino sembra provocar impetuose onde….
Al plauso di Confindustria Cultura, e di Confindustria Radio Tv (presieduta da Rodolfo De Laurentiis; si ricorda che nella neonata associazione è confluita la Frt), si è associata una benedizione, ma critica, dell’altra anima confindustriale, ovvero Confindustria Digitale (presieduta da Stefano Parisi), che ha sostenuto che è necessario apportare delle correzioni al Regolamento (per esempio, la prevista rimozione selettiva dei contenuti di un sito da parte di soggetti diversi dal “content provider” appare di difficile applicabilità).
Dall’altra parte, ovvero dai sostenitori del copyright libero e della più estrema libertà della rete, le critiche sono state molto dure. Paolo Nuti di Assoprovider (l’associazione dei provider indipendenti) e Marco Pierani di Altroconsumo hanno dichiarato di voler ricorrere al Tar, ribadendo in sostanza quel che avevano temuto, ovvero che si tratterebbe di un regolamento… “ammazza internet”. Le critiche più serrate sono essenzialmente relative a due questioni: da un lato, si accusa Agcom di voler imbavagliare la rete, avvantaggiando i detentori dei diritti, bypassando il “naturale” procedimento (ovviamente lento) di fronte all’autorità giudiziaria; dall’altro lato, esiste un acceso dibattito sulla legittimità o meno dell’intervento di Agcom, autorità amministrativa, a poter emanare un tale regolamento (che ad alcuni appare una legge), che sarebbe di stretta pertinenza del Parlamento.
Tra le voci dissidenti, val la pena riportare le critiche dell’avvocato “libertario” Guido Scorza, che ritiene il regolamento un’impropria “quasi-legge”, destinata a disciplinare l’intera materia dell’“enforcement” dei diritti d’autore online in assenza di una precisa norma di legge che autorizzasse Agcom ad intervenire. Ha scritto sul suo blog de “l’Espresso”, “l’Avvocato del Diavolo”: “Siamo appena entrati nel guinness dei primati: siamo l’unico Paese in Europa nel quale un’Autorità amministrativa può ordinare la cancellazione di un contenuto dal web, e disporre che gli internet service provider – tutti – dirottino il traffico diretto verso una determinata pagina o un’intera piattaforma”. Secondo Scorza ed altri osservatori critici, ci si troverebbe di fronte al rischio di vere e proprie violazioni della libertà d’espressione e finanche dei diritti umani tout-court. Sostiene Scorza: “Chiunque potrà attivare il procedimento di rimozione di un contenuto anche senza aver, preventivamente, attivato l’eventuale procedura di ‘notice and take down’ previsto dal gestore del sito, e l’Autorità, in caso di mancato adeguamento spontaneo alla segnalazione da parte dell’uploader del contenuto o del gestore del sito o della pagina, non perderà neppure tempo ad ordinare a questi ultimi la cancellazione, rivolgendosi direttamente all’internet services provider, con un ordine di cancellazione coatta o di disabilitazione all’accesso”. L’avvocato Fulvio Sarzana, anch’egli militante sul fronte anti-regolamento e convinto nemico del temuto ruolo Agcom di “sceriffo del web”, ha sostenuto il 15 gennaio che “il regolamento è completamente sbilanciato a favore delle grandi lobby dell’intrattenimento, dell’editoria, ma anche del software. La norma istituisce un meccanismo di segnalazione all’Autorità e di ordini di rimozione e/o di disabilitazione all’accesso, istituito dall’Agcom, che diviene signora incontrollata di qualsiasi attività avvenga sul web italiano”.
Non siamo costituzionalisti, e non possiamo esprimerci in argomento, né sarebbe nostro compito farlo.
Resta comunque il dato di fatto che l’industria culturale italiana, negli ultimi anni, ha subito gravi danni, secondo stime Fapav (per quanto mai ben validate) nell’ordine di circa 500 milioni di euro annui, soltanto per quanto riguarda il comparto audiovisivo, ed è rimasta troppo a lungo una “terra di nessuno” in cui predare a piacimento: un vero e proprio Far West, come da titolo di un commento pubblicato su “il Sole 24 Ore” del 13 dicembre dal Commissario Posteraro. Va combattuta l’idea – scrive Posteraro – della rete “come un far west, nel quale è consentito fare strame impunemente dei diritti altrui, magari con la copertura dell’anonimato”. Sulla stessa linea, l’altro commissario Agcom relatore, Antonio Preto, che, sulle colonne di “MediaDuemila” ha scritto il 18 dicembre: “non esiste alcun trade off tra il diritto d’autore e la libertà di manifestazione del pensiero”.
In verità, a rifletterci seriamente ed a freddo, non ha gran senso assumere posizioni radicali in un senso o nell’altro – troppo entusiastiche o troppo critiche – ancor prima di vedere i concreti risultati del regolamento Agcom alla prova dei fatti.
A naso, riteniamo possa trattarsi comunque di un buon compromesso tra chi auspicava più radicali interventi repressivo-censori (magari guardando il modello nipponico, ove anche il piccolo pirata domestico rischia veramente la galera) e chi invece vedeva nella regolazione un intollerabile bavaglio alla rete, e comunque un intervento non preceduto da una norma primaria legittimante (i seguaci di Grillo hanno addirittura gridato all’espropriazione della funzione del Parlamento: Cardani è stato definito “un autocrate che snobba il Parlamento” dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle in Commissione Trasporti della Camera).
Il Presidente Cardani, in un’audizione del 15 gennaio di fronte alle Commissioni Cultura e Trasporti della Camera, ha sostenuto che il regolamento si pone come “ragionevole sintesi fra i differenti e variegati interessi in gioco”. Va segnalato che due giorni dopo l’intervento del Presidente Agcom, il 17 dicembre, è intervenuto sull’argomento il Commissario Ue Responsabile per il Mercato Interno, Michel Barnier, il quale ha confermato che il regolamento dell’Agcom è “conforme al quadro legislativo europeo”, ma ha precisato anche che la Commissione “ha in effetti delle domande e dei dettagli da verificare”, e su questo “continua a lavorare con le autorità italiane”. Pur giudicando positivamente l’iniziativa, Bruxelles nutre infatti alcuni dubbi sui nuovi poteri sanzionatori assegnati all’Authority e sulla possibilità di rimuovere dai blog i contenuti con parti di opere altrui. In particolare, ha destato la perplessità della Commissione la volontà dichiarata di voler perseguire i professionisti della pirateria, chiudendo esplicitamente un occhio per le violazioni degli utenti finali e per le applicazioni “peer-to-peer” di condivisione di file online. Inoltre è stato richiesto di comprendere meglio se le nuove norme si applicano soltanto al “provider host”, od anche ai “provider di servizi intermedi” (ossia i siti che mettono a disposizione i link), e di meglio specificare le definizioni di chi carica il materiale in rete (“uploader”), manager e persona competente di un sito. La Commissione Europea, pur riconoscendo che nel suo complesso l’iniziativa sembra essere orientata verso l’equilibrio dei diversi interessi delle parti coinvolte, ha anche chiesto spiegazioni sulle questioni del diritto alla difesa, del giusto processo e del principio del contraddittorio, che non potrebbero non essere in linea con la Carta Ue dei diritti fondamentali. La partita non è chiusa, quindi, ma si deve ben precisare che i chiarimenti richiesti (Barnier ha dichiarato che la Commissione attende ancora alcune risposte dall’Agcom) non bloccano in alcun modo l’entrata in vigore del regolamento, prevista per il 31 marzo 2014.
In conclusione, finalmente, esiste anche in Italia, dal 1° aprile 2014, una forma – finanche sperimentale – di contrasto al costante e progressivo depauperamento dell’industria culturale: depauperamento del sistema culturale che determina l’impoverimento dell’intera socio-economia del Paese.
E anche qualora non fosse il “migliore dei regolamenti possibili”, ci sarà comunque tempo per modificarlo.
(a cura della Redazione Italiaudiovisiva – Elena D’Alessandri) 29 gennaio 2014