Confalonieri: “se ci scappa un capezzolo…”. Lo squilibrio tra “controlli” del sistema televisivo ed “anarchia” del web.

Convegno promosso da Confindustria Tv sul nuovo regolamento Agcom sul diritto d’autore online. Rai e Mediaset alleate nella lotta alla pirateria. Cologno investe 2 miliardi di euro l’anno per i propri palinsesti. 1 italiano su 3 fruirebbe di contenuti illegali

Si è tenuto mercoledì 29 dicembre, presso la sala cinema dell’Anica (Associazione Nazionale Produttori Cinematografici Audiovisivi e Multimediali), particolarmente gremita, il convegno organizzato da Confindustria Radio Televisione, dal titolo “Copyright online. Nuove regole per nuovi scenari digitali”. Si tratta della prima pubblica sortita della novella anima di Confindustria, che ha assorbito tra l’altro la storica Frt e vanta l’inedita adesione anche della Rai. Confindustria Tv si affianca a Confindustria Cultura ed a Confindustria Digitale, e va subito segnalato che le tesi delle tre consorelle non appaiono sempre proprio allineate…

La mattinata è stata introdotta e moderata dal giornalista Emilio Carelli (che è anche Vice Presidente di Confindustria Tv ed appare quasi suo portavoce), dedicata alle tematiche del diritto d’autore online, a poco più di un mese e mezzo dall’approvazione del “tanto sospirato” regolamento Agcom (per un approfondimento, vedi su queste stesse colonne il “Dossier IsICult. Regolamento Agcom sul diritto d’autore online: normale e finanche banale, oppure rivoluzionario ed epocale?!”).

Rodolfo De Laurentiis, Presidente della novella associazione infra-confindustriale (nonché ex parlamentare Udc ed attualmente anche consigliere di amministrazione Rai), ha voluto organizzare questo incontro perché Confindustria Radio Tv, che pure rappresenta il 98 % del mercato audiovisivo nazionale (temiamo che questa stima non sia condivisa da AerAnti-Corallo…), non ha avuto occasione di partecipare alla fase di consultazione, per evidenti questioni “anagrafiche” (è operativa da ottobre 2013). Questi alcuni dati: 9 miliardi di euro sono prodotti ogni anno dagli associati, circa 30mila i dipendenti diretti, un’industria con 198 canali monitorati quotidianamente da Auditel, 16 editori…

I broadcaster – ha proseguito – nell’ultimo quadriennio, nonostante la morsa della crisi, hanno investito circa 2 miliardi nella produzione di contenuti: “Il regolamento Agcom è stato da noi accolto con particolare favore, perché cerca di arginare un fenomeno sempre più pervasivo, con dati che confermano tutta la sua virulenza. Nel nostro Paese, la pirateria è al 48 %, rispetto al 33 % in Europa, 45 % nel mondo”. In sostanza,  1 italiano su 3 fruirebbe di contenuti audiovisivi non originali. “Non è stato fatto abbastanza per eliminare i link pirata dalle indicizzazioni”. I danni da download illegale ammonterebbero a “circa 3 miliardi di euro: 1,5 miliardi per l’audiovisivo, 1,4 miliardi per il software… Se non si riuscirà ad arginare il fenomeno,  il settore, nei prossimi 3 anni, rischia la perdita di 20mila posti di lavoro”. Il 37 % degli utenti di smartphone farebbe streming illegale di film, serie tv, musica. Addirittura un 75 % degli utenti, condividerebbe “peer to peer”. Purtroppo, non è stata precisata la fonte di questi dati, ma siamo ormai abituati – in Italia – ad un uso discretamente spregiudicato (e partigiano) dei numeri. De Laurentiis crede che l’azione di Agcom per limitare la pirateria e tutelare il diritto degli autori – anche attraverso azioni di sensibilizzazione e promozione dell’offerta legale – siano fondamentali, per tutelare il patrimonio artistico del nostro Paese e la concorrenza. La richiesta avanzata da Confindustria Radio Televisione è quella di un “level playing field” e quindi “pari opportunità” per tutti i soggetti (tv, ott…).

È seguito un video di Kerstin Jorna (già intervenuta personalmente nel workshop promosso dall’Agcom a fine maggio 2013), Director Intellectual Property all’interno della Dg Mercato Interno e Servizi della Commissione Europea, che ha illustrato gli obiettivi comunitari in materia di diritto d’autore, e le strategie volte al loro perseguimento. Jorna ha paragonato l’industria creativa ad un albero: internet offre grandi opportunità, ma l’ecosistema sopravvive soltanto se ha radici sane, il che implica che l’acqua (ovvero le risorse) possa tornare alle radici (proventi generati anche online attraverso advertising). Proteggere il diritto d’autore appare quindi l’unico modo per tenere in vita l’albero. Quest’anno – ha proseguito Jorna – la Commissione ha avviato il progetto “Licenze per l’Europa”, anche al fine di verificare la portabilità degli abbonamenti. La Commissione – ha concluso – si sta impegnando molto per questo settore, che garantisce crescita e occupazione.

La prima parte della mattinata ha visto quindi sul tavolo di presidenza Angelo Marcello Cardani, Presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (Agcom) e Giovanni Pitruzzella, Presidente dell’Autorità per la Concorrenza ed il Mercato (Agcm).

Cardani si è innanzitutto domandato perché il regolamento avesse scatenato reazioni tanto forti da produrre polemiche e… quasi una “ferocia persecutrice” nei suoi confronti. Il cammino per il raggiungimento del testo definitivo è stato molto lungo, anche perché si è tentato di tener conto delle implicazioni pratiche e giuridiche che avrebbe prodotto. Sono emersi quindi alcuni elementi imprescindibili: necessità di un’educazione alla legalità, promozione di un’offerta legale a condizioni economiche accettabili; ragionevolezza, garanzie procedimentali e proporzionalità nel regime di regolamentazione. Infine, è stato stabilito che gli interventi fossero solo su segnalazione, non di ufficio, e comunque mai verso gli utenti (fatta salva l’ipotesi che siano attivi, cioè “uploader” di contenuti pirata). Obiettivo primario infatti è quello di ristabilire un piano di legalità in tempi rapidi, senza comunque escludere un intervento giurisdizionale. Infine, quanto alla polemica sulle competenze, Cardani ha sostenuto che “il Parlamento non ha bisogno che l’Agcom si faccia da parte, può intervenire in qualsiasi momento per la regolazione del diritto d’autore online. L’adozione da parte dell’Autorità del regolamento sul diritto d’autore non compromette la possibilità del Parlamento di svolgere un’azione legislativa di cui ha il monopolio”. Senza riferirsi esplicitamente ai grillini, Cardani ha precisato ironicamente, dichiarando di volersi “togliere alcuni sassolini di cui ho piene le scarpe”: “Varando il regolamento sul copyright, non abbiamo compromesso la possibilità del Parlamento di svolgere la sua azione legislativa: la giovane età di alcuni parlamentari che ci hanno mosso critiche forse li esime da conoscenze costituzionali, ma mi aspettavo di più”. Cardani ha annunciato la realizzazione di uno spot di sensibilizzazione sociale rispetto al problema della pirateria.

Pitruzzella ha rimarcato che i “diritti” (i diritti sul “content”), tutti, costano, e che se, culturalmente, non viene ristabilito questo principio fondamentale, sarà difficile ottenere risultati concreti. Quanto alla regolamentazione su internet – ha rimarcato – bisogna stare molto attenti. Da una parte, vanno tutelati diritti degli autori e dei creatori; dall’altra, bisogna stare in guardia rispetto a meccanismi troppo rigidi, che pregiudichino la libertà della rete intesa come forum di libera espressione e circolazione di idee. Pitruzzella ha quindi espresso preoccupazione per quanto riguarda il Comitato Tecnico che comprende tutti gli “stakeholder”, e che potrebbe dare vita ad offerte troppo rigide, che non tutelano la concorrenza. Pitruzzella ha voluto mettere in guardia dai possibili accordi che dovessero intervenire tra operatori all’interno del Comitato, da valutare in termini di tutela della concorrenza (ha precisato: “il Comitato non è che non ci piaccia, ma il rischio è che gli accordi al suo interno possano essere fatti in modo tale da non tutelare la concorrenza tra le imprese”).

È stato quindi il momento dei broadcaster. Prima ad intervenire, Anna Maria Tarantola, Presidente Rai, che si è dichiarata favorevole al regolamento. Ritiene che la rete sia molto importante per la veicolazione di idee ed informazione, ma sottolinea che queste ultime sul web spesso non sono verificate, e che inoltre internet è pieno di contenuti diffusi illegalmente. Apprezza lo sforzo di Agcom nel voler reprimere gli illeciti con tempistica finalmente rapida, e sottolinea l’importanza della campagna educativa che non deve essere episodica, ma stabile. Ha quindi espresso alcune preoccupazioni rispetto al regolamento: l’Agcom potrebbe addirittura intervenire anche contro i “fornitori di servizi media audiovisivi” (come la Rai), e questa eventualità appare curiosa, dato che la tv pubblica, come altri broadcaster, o produce contenuti in-house o li acquista da terzi, pagandone i diritti. Tarantola ha inoltre concluso ribadendo l’importanza del regolamento, ma solo come primo step in prospettiva di un quadro organico più ampio di certezze a livello europeo.

Fedele Confalonieri, Presidente Mediaset, ha ribadito che si deve “pagare per i diritti”. Il Biscione spende 2 miliardi l’anno per il proprio palinsesto (questo dato sembra cozzare con quanto dichiarato da De Laurentiis, vedi supra), dovendo peraltro rispettare infinite norme: quote europee per il cinema e quote nazionali, fasce protette, eccetera… Scherzosamente, ha aggiunto: “se ci scappa un capezzolo in fascia protetta, succede il finimondo, mentre su internet gli over the top non hanno limitazioni, e non pagano una lira. In assenza di una reale tutela del diritto d’autore su internet, noi rischiamo di chiudere”. Francamente, non ci sembra che Agcom si mostri particolarmente feroce nei confronti degli obblighi di Mediaset (o di Rai e La7 ed altri), ma senza dubbio esiste una sperequazione tra “controllo” della tv ed “anarchia” del web. A margine del convegno, Confalonieri ha precisato che, “a fronte degli oltre 2 miliardi di euro l’anno investiti per l’intero palinsesto, ben 1,2 miliardi di euro vengono allocati alle autoproduzioni italiane ed europee”. Budget impressionanti, ed è naturale e giusto che, chi investe, rivendichi il diritto a non veder piratati i propri contenuti, e vanificati i propri investimenti. “Ci vuole una legge e la diffusione di una cultura specie tra i giovani”, tale da far capire che scaricare gratis un film o musica è illegale. Secondo il n° 1 di Mediaset, gli “over the top” sarebbero dei “signori che fanno miliardi di utili, non pagano una lira” di tasse “qui, impiegano pochissime persone, parliamo di decine”. Viceversa, “noi spendiamo per il nostro palinsesto, e abbiamo norme su quote di cinema, su quote europee, sulla tutela dei minori”. Ha insistito: “noi broadcaster abbiamo un’ira di Dio di regole, e dall’altra parte niente”. Sul “niente”, concordiamo. Sull’“ira di Dio” (?!), nutriamo dubbi. Confalonieri si riferisce forse al recente mite invito “repressivo” del redivivo Comitato Media e Minori, presieduto da Maurizio Mensi, rispetto alle sortite “porno” della D’Urso nelle sue chiacchierate della domenica pomeriggio?! “Io rimpiango… la pirateria dei guappi napoletani” – ha continuato Confalonieri – “il concetto di ‘settimo non rubare’ facciamolo diventare una regola anche per internet”.

Per Sky Italia, in assenza di Zappia, trattenuto a Milano, è stato Eric Gerritsen, Executive Vp Communications and Public Affairs ad intervenire. Ha evidenziato come il mercato televisivo, anche a causa di internet, stia attraversando una fase di trasformazione radicale. In questo scenario, Sky investe in diritti il 50 % del proprio fatturato (anche in questo caso, chi può validare queste stime?! l’Agcom non interviene in materia), ed è quindi importante ribadire che i diritti vanno pagati, e non c’è spazio per “free rider”. Gerritsen ha quindi concluso: “Bisogna inoltre guardare al mercato unico, anche perché con l’arrivo di internet lo spettatore può scegliere dove, come e cosa guardare”.

Maurizio Giunco, a nome della Frt “associazione italiana delle tv e radio locali” (infatti Frt “nazionale” è confluita in Confindustria Tv) ha lamentato le enormi “limitazioni” che imbrigliano il sistema televisivo, in nome del pluralismo, dei minori, della difesa del pudore, delle fasce più deboli… per poi domandarsi – un po’ curiosamente, sia consentito osservare – se sia giusto imbrigliare anche internet, o se non sia meglio togliere le catene alla tv. Suvvia, le… “catene” di cui parla Giunco ci appaiono veramente eccessiva formula retorica!

Marco Ghigliani, Amministratore Delegato di La7, ha espresso il proprio sostegno al regolamento. Ha condiviso le preoccupazioni esternate da Tarantola, sottolineando la necessità che, a livello culturale, prenda piede il principio per cui un investimento va remunerato. Principio ancor più valido in questa fase, nella quale i broadcaster sono divenuti operatori multimediali a tutto tondo.

Andrea Castellari, Direttore di Discovery Italia, ha sostenuto che il loro business è ancora al 99 % basato su ricavi da tv lineare. Discovery ha provato a ragionare su business non lineari, ma ad oggi è ancora molto complicato e rischioso. Ritiene fondamentale rendere disponibili contenuti legali a prezzi che la gente sia disposta a pagare. Crede l’Agcom stia facendo un lavoro straordinario, che è però importante proseguire a livello europeo e mondiale.

In chiusura, sono intervenuti Domenico Luca Scordino, Consigliere di Gestione Siae (già Sub Commissario della stessa), in rappresentanza del Presidente Gino Paoli, e Riccardo Tozzi, Presidente Anica. Il primo ha sostenuto l’importanza del lavoro di Agcom, ampiamente sostenuto da Siae, ed ha manifestato preoccupazione per il fenomeno della disintermediazione, che è stato accelerato dall’economia di internet, e che in verità non libera gli autori dal monopolio della collecting italiana, ma ne indebolisce soltanto il potere contrattuale. Riccardo Tozzi si è soffermato invece sull’alone diffuso e manipolatorio che fa travisare la realtà, ben messo in campo dalle lobby delle “ott”, aiutate in questo da un’area culturale e politica di “fiancheggiamento”, che si scaglia a priori per la rete libera. Quella adottata da Agcom è semplicemente una misura di equità e garanzia. Per quanto riguarda eventuali interventi di riforma della disciplina sul diritto d’autore, Tozzi ritiene che non ci sia proprio nulla da cambiare. L’anomalia italiana, ha concluso, risiede in un mercato televisivo essenzialmente malato, in cui nessuno dei 3 player più importanti sulla scena riesce ad essere in utile: “siamo l’unico Paese che ha 7 reti generaliste e questo fa si che la redditività sia molto ridotta”.

Antonio Catricalà, Vice Ministro dello Sviluppo Economico, in chiusura ha toccato molti temi scottanti: dall’asta delle frequenze alla numerazione Lcn, al rinnovo del contratto con la Rai del 2016… per quanto riguarda la specifica tematica, ha espresso soddisfazione “perché è il segno che qualcosa si sta facendo, che comunque si potrà sempre migliorare. Tutelare il diritto d’autore è importante, perché chi produce contenuti per sé e per la società possa continuare a farlo”.

Totalmente assenti, ma era prevedibile, voci dissidenti, ma forse attendersi da Confindustria Tv che inviti al dibattito gli estremisti libertari come Scorza, Sarzana e Pierani sarebbe veramente pretendere troppo. Si attendono le loro reazioni.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – Elena D’Alessandri ) – 30 gennaio 2014

 

Regolamento Agcom sul diritto d’autore online: normale e finanche banale, oppure rivoluzionario ed epocale?!

Il regolamento della discordia entra in vigore il 31 marzo 2014: considerazioni a freddo, ad un mese e mezzo dall’approvazione, mentre la Commissione Europea ancora s’interroga…

 

Il 12 dicembre 2013, dopo lunga e travagliata attesa, il consiglio dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazionipresieduta da Angelo Marcello Cardani ha approvato all’unanimità (in realtà non ha partecipato alla votazione il nuovo Commissario Antonio Nicita, “in quota” Pd, che ha preso il posto del dimissionario Maurizio Décina) il regolamento in materia di diritto d’autore online. Tecnicamente, si tratta della “Delibera n. 680/13/Cons”. Relatori i Commissari Francesco Posteraro (secondo alcuni osservatori, in quota “Udc”) e Antonio Martusciello (secondo alcuni, in quota “Forza Italia”).

Il procedimento è stato approvato solo dopo un lungo periodo di consultazione con i soggetti interessati ed una controversa interlocuzione con la Commissione Europea. Ottenuto il via libera da parte di quest’ultima, entrerà in vigore a partire dal 31 marzo 2014. Una prima bozza ovvero uno “schema di regolamento” era stato approvato il 25 luglio 2013, ottenendo il via libera definitivo, anche seguito di una rinnovata consultazione, lo scorso dicembre appunto, con l’approvazione del regolamento.

Piace qui ricordare che la polemica italiana intorno alla protezione del diritto d’autore online ha radici ben lontane.

Già nel 2010, quando l’Autorità era presieduta da Corrado Calabrò, l’Agcom aveva presentato una bozza di regolamento, modificato nel luglio 2011 a seguito della prima consultazione pubblica. Conclusa anche una seconda consultazione, nel marzo 2012 il Presidente Calabrò, ormai prossimo al termine del mandato, aveva dichiarato, in audizione parlamentare, l’intenzione di rimandare l’adozione del regolamento. Testualmente: in attesa che “veda la luce” una norma di legge della Presidenza del Consiglio che “ribadisce la legittimazione di Agcom e ne definisce meglio la competenza ed i poteri dell’autorità nella materia del diritto d’autore”.

Che la rinnovata Agcom avesse invece effettivamente deciso di intervenire, dopo lunghissima attesa ed in perdurante assenza di nuove normative, era emerso in modo inequivocabile anche in occasione dello stimolante workshop del 24 maggio 2013, “Il diritto d’autore online: modelli a confronti”, tenutosi in pompa magna presso la Camera dei Deputati.

In base alla novella normativa, l’Agcom non agirà d’ufficio, ma sarà il titolare di diritti che ritiene la propria opera diffusa illegalmente a doversi rivolgere con una istanza all’Autorità, che metterà in moto uno specifico iter procedurale. I tempi stabiliti sono particolarmente celeri: 35 giorni per un normale iter, 12 giorni in caso di violazioni “massive” (concetto che pure presenta qualche margine di difficoltà interpretatativa). Entro 7 giorni dalla segnalazione, l’Autorità si impegna a valutare l’istanza, e quindi stabilisce se archiviare o procedere. In quest’ultimo caso, accertato l’illecito, darà 5 giorni di tempo ai “provider” che ospitano i contenuti di presentare obiezioni difensive. Se queste non saranno ritenute convincenti, nei successivi 3 giorni il provider dovrà procedere alla rimozione del contenuto incriminato. Le sanzioni saranno progressive: vanno dalla “rimozione selettiva” del contenuto fino alla “chiusura dell’accesso” al sito, qualora si tratti di forme massive di violazione. Nel caso il provider – ma anche l’uploader e i gestori della pagina e del sito internet possono far concludere la procedura – invitato a rimuovere il contenuto non rispettasse il “diktat” di Agcom, è prevista l’applicazione di una sanzione pecuniaria fino a 250mila euro. Una volta conclusasi la procedura, il proprietario dello spazio considerato colpevole ha come unica chance di reazione il ricorso al Tar.

In altri termini, l’Autorità può ordinare la rimozione selettiva delle opere digitali che violano il copyright o, nel caso di violazioni massicce, di disabilitare l’accesso alle suddette (o al sito, nel caso di server ubicato fuori dal territorio nazionale) o di reindirizzare automaticamente verso una pagina Internet redatta secondo le modalità indicate dall’Autorità.

Ad affiancare il meccanismo per così dire “repressivo”, l’Autorità ha istituito un Comitato Tecnico, presieduto dal Segretario Generale dell’Autorità, Francesco Sclafani (in carica da marzo 2013), e composto dai rappresentanti di “tutti” gli stakeholder, che avrà il compito di favorire la promozione dell’offerta legale. La composizione del Comitato Tecnico appare a rischio di deriva pletorica: si tratta di ben 16 componenti, ovvero un rappresentante delle principali associazioni di settore: consumatori, autori, artisti, interpreti, editori, produttori, distributori, fornitori di servizi di media, prestatori di servizi della società dell’informazione… per ben 8 membri. Cui si aggiungono altri 7 rappresentanti: un rappresentante ognuno per la Siae, per il Comitato Permanente per il Diritto d’Autore presso il Mibact, per il Comitato Tecnico Contro la Pirateria presso il Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Comitato per l’Applicazione del Codice di Autoregolamentazione “Media e Minori” istituito presso il Dipartimento Comunicazioni del Mise, Polizia Postale, Nucleo Speciale per la Radiodiffusione e l’Editoria della Guardia di Finanza, Sezioni specializzate in materia di Proprietà industriale ed intellettuale… si arriva quindi a 15 membri, anzi 16 (col Segretario Generale Agcom): preoccupa l’indefinita quantificazione dei componenti funzionari dell’Agcom (il regolamento, all’art. 4, comma 1, lettera c., recita un discrezionale… “rappresentanti dell’Autorità”). Curioso – ed in verità intollerabile in un Paese evoluto – quanto previsto per quanto riguarda “il raggiungimento di intese” tra gli “stakeholder” cui supra: l’adozione di codici di condotta, di accordi di licenza, di finestre di distribuzione (ovvero degli strumenti che possano promuovere una semplificazione della filiera dell’audiovisivo online) potrà avvenire “anche avvalendosi della collaborazione a titolo gratuito di centri di ricerca”. A titolo gratuito?! Comprendiamo le esigenze di “spending review”, ma sia consentito osservare che questo vincolo di gratuità non stimola certo la qualità degli apporti dei ricercatori coinvolti: perché mai professionisti qualificati dovrebbero lavorare gratis per l’Agcom?!

Va segnalato che gli effetti di contrasto degli illeciti non vengono giustamente ritenuti dall’Agcom sufficienti di per sé a incentivare una cultura della legalità, questione ben più complessa verso la quale varrebbe forse la pena richiamare in campo un problema “educativo” di base.

Va ricordato che in Italia si soffre di un ritardo nell’adeguamento dei modelli di business: basti ricordare che Anica annuncia da oltre un anno una propria autonoma piattaforma online, che tarda però a vedere luce. Si ricordi anche che è entrato nel business dell’offerta “pay” via web di contenuti audiovisivi legali un innovativo servizio “streaming” promosso da Mediaset, Infinity (servizio “pay on demand” in streaming visibile su smart tv, tablet, pc, console, ecc.), che sembra essere stato lanciato anche per presidiare il territorio italiano dalla prospettata entrata nel nostro mercato di un “player” come Netflix.

Come molte volte è stato ribadito dal Presidente Cardani e dai suoi Commissari, in sostanza, il nuovo regolamento Agcom non intende colpire l’utente finale, né limitare la sua libertà in rete sulla base di un meccanismo di monitoraggio (o “spionaggio” che sia, secondo i detrattori) che ricorda il modello francese dell’Hadopi, ma mira anzitutto a contrastare forme massive di pirateria.

Nessuna reale o comunque significativa interferenza quindi, nel bene e nel male, per tutti coloro (i cosiddetti “scariconi”) che praticano “peer-to-peer” e “downloading” sostanzialmente illegale. Il regolamento Agcom non li disturberà, nelle loro… basse pratiche: non direttamente almeno. In sostanza, il regolamento Agcom intende punire la grande pirateria e tutelare l’industria culturale, senza colpire brutalmente gli utilizzatori finali, i “downloader” filo-pirata… In estrema sintesi, Agcom intende colpire l’“uploader”, non il “downloader”.

Il regolamento prevede due procedimenti sanzionatori: ordinario e abbreviato. Quest’ultimo s’avvia automaticamente qualora la segnalazione arrivi da una delle associazioni che detengono i diritti, oppure quando i fatti configurino un’ipotesi di grave lesione dei diritti di sfruttamento economico dell’opera digitale, o nell’ipotesi di violazione di carattere massiccio.

Da segnalare anche che il procedimento amministrativo definito dal Regolamento Agcom è alternativo ma non sostitutivo di quello giudiziario: è prevista l’archiviazione degli atti, se il titolare dei diritti si rivolge all’autorità giudiziaria.

Il 25 gennaio 2014, un dispaccio dell’Adnkronos informava che l’Agcom si sta preparando alla gestione della grande mole di istanze che perverranno, soprattutto nei primi giorni di vigenza del Regolamento. Non risulta sia stata elaborata una stima predittiva della quantità di segnalazioni che perverranno all’Autorità dai primi di aprile… Per trovarsi pronta a questa nuova sfida, oltre ad riorganizzare i propri uffici, l’Agcom sta attivando collaborazioni anzitutto con la Siae (la Società Italiana Autori Editori), con la Guardia di Finanza (si ricorda che esiste un Nucleo Speciale operante presso la stessa Agcom) e con la Fondazione “Ugo Bordoni” (nata nel 1952 in seno al Ministero delle Poste e delle Telecomunicazioni è attualmente una “istituzione di alta cultura e ricerca soggetta alla vigilanza del Ministero dello Sviluppo Economico”; si ricordi che il Comitato di Fondatori è formato da Poste Italiane, Telecom Italia, Vodafone, Wind, H3g, Ericsson).

Il regolamento, ancor prima della sua approvazione, ha di fatto ri-spaccato in due l’opinione pubblica italiana.

Nei giorni e nelle ore antecedenti l’annunciata approvazione, si è assistito ad un fuoco di artificio di dichiarazioni da “dietro le quinte”, di cui non hanno scritto molto né quotidiani né periodici, ma di cui resta ampia prova nelle decine di dispacci di agenzie di stampa. La Presidente della Camera Laura Boldrini aveva auspicato, e quindi ritenuto preferibile, un intervento normativo, su un tema “così delicato”. Il Ministro agli Affari Esteri Emma Bonino ha sostenuto che “non spetta all’Agcom predisporre sanzioni in materia di proprietà intellettuale”…

Ci limitiamo a segnalare l’evidente contraddizione del Pd, ovvero la “contraddizione interna” al Partito Democratico. Il 5 dicembre 2013, Felice Casson (Vice Presidente della Commissione Giustizia del Senato e primo firmatario di un ddl in materia, sottoscritto da altri 9 senatori del Pd), aveva chiesto all’Agcom “la sospensione dell’iter”… L’11 dicembre, Lorenza Bonaccorsi, parlamentare del Pd, annunciava che avrebbe chiesto alla Presidente Boldrini “chiarimenti sul blitz” in gestazione. L’onorevole Gianluca Benamati, anche lui del Pd, esprimeva invece “apprezzamento per la prossima emissione del regolamento”… La piddina Valeria Fedeli, Vice Presidente del Senato, aveva auspicato l’approvazione del regolamento… Il giorno prima dell’approvazione del regolamento, dopo le variegate dichiarazioni dei colleghi di partito, il Presidente della Commissione Cultura al Senato, Andrea Marcucci, cercava una posizione di mediazione tra le varie anime, e dichiarava (citando Casson) con modalità cerchiobottiste: “il regolamento Agcom è utile, ma serve una legge”…

Un qualche commento “ex post”, a cose fatte, ovvero regolamento – nel bene e nel male – approvato.

Da una parte, forte è stata l’attesa, e grande quindi l’esultazione ed il plauso, da parte delle principali industrie di contenuti del Paese: Siae, Fieg, Anica…

Riccardo Tozzi, Presidente Anica (Associazione Nazionale Produttori Cinematografici, Audiovisivi e Multimediali) ha così commentato: “Rendere internet un luogo di diffusione legale dei contenuti  è un principio imprescindibile per la crescita economica e culturale del nostro Paese”. Marco Polillo, Presidente di Confindustria Cultura, ha addirittura affermato: “La consideriamo una vittoria epocale della cultura italiana contro i pirati e chi li sostiene, della legalità contro la criminalità organizzata, dell’Italia che lavora contro quella che fa demagogia”. Mauro Masi (attualmente Presidente Consap, ma già Dg Rai ed ancor prima Commissario straordinario della Siae), ha scritto che si tratterebbe di un passo storico: “il tentativo più importante attuato nel nostro Paese per difendere il diritto d’autore sin dalla famosa legge Bottai del 1942”. Parole forti e forse eccessivamente entusiastiche, ma – senza dubbio – in una situazione stagnante, anche un piccolo sassolino sembra provocar impetuose onde….

Al plauso di Confindustria Cultura, e di Confindustria Radio Tv (presieduta da Rodolfo De Laurentiis; si ricorda che nella neonata associazione è confluita la Frt), si è associata una benedizione, ma critica, dell’altra anima confindustriale, ovvero Confindustria Digitale (presieduta da Stefano Parisi), che ha sostenuto che è necessario apportare delle correzioni al Regolamento (per esempio, la prevista rimozione selettiva dei contenuti di un sito da parte di soggetti diversi dal “content provider” appare di difficile applicabilità).

Dall’altra parte, ovvero dai sostenitori del copyright libero e della più estrema libertà della rete, le critiche sono state molto dure. Paolo Nuti di Assoprovider (l’associazione dei provider indipendenti) e Marco Pierani di Altroconsumo hanno dichiarato di voler ricorrere al Tar, ribadendo in sostanza quel che avevano temuto, ovvero che si tratterebbe di un regolamento… “ammazza internet”. Le critiche più serrate sono essenzialmente relative a due questioni: da un lato, si accusa Agcom di voler imbavagliare la rete, avvantaggiando i detentori dei diritti, bypassando il “naturale” procedimento (ovviamente lento) di fronte all’autorità giudiziaria; dall’altro lato, esiste un acceso dibattito sulla legittimità o meno dell’intervento di Agcom, autorità amministrativa, a poter emanare un tale regolamento (che ad alcuni appare una legge), che sarebbe di stretta pertinenza del Parlamento.

Tra le voci dissidenti, val la pena riportare le critiche dell’avvocato “libertario” Guido Scorza, che ritiene il regolamento un’impropria “quasi-legge”, destinata a disciplinare l’intera materia dell’“enforcement” dei diritti d’autore online in assenza di una precisa norma di legge che autorizzasse Agcom ad intervenire. Ha scritto sul suo blog de “l’Espresso”, “l’Avvocato del Diavolo”: “Siamo appena entrati nel guinness dei primati: siamo l’unico Paese in Europa nel quale un’Autorità amministrativa può ordinare la cancellazione di un contenuto dal web, e disporre che gli internet service provider – tutti – dirottino il traffico diretto verso una determinata pagina o un’intera piattaforma”. Secondo Scorza ed altri osservatori critici, ci si troverebbe di fronte al rischio di vere e proprie violazioni della libertà d’espressione e finanche dei diritti umani tout-court. Sostiene Scorza: “Chiunque potrà attivare il procedimento di rimozione di un contenuto anche senza aver, preventivamente, attivato l’eventuale procedura di ‘notice and take down’ previsto dal gestore del sito, e l’Autorità, in caso di mancato adeguamento spontaneo alla segnalazione da parte dell’uploader del contenuto o del gestore del sito o della pagina, non perderà neppure tempo ad ordinare a questi ultimi la cancellazione, rivolgendosi direttamente all’internet services provider, con un ordine di cancellazione coatta o di disabilitazione all’accesso”. L’avvocato Fulvio Sarzana, anch’egli militante sul fronte anti-regolamento e convinto nemico del temuto ruolo Agcom di “sceriffo del web”, ha sostenuto il 15 gennaio che “il regolamento è completamente sbilanciato a favore delle grandi lobby dell’intrattenimento, dell’editoria, ma anche del software. La norma istituisce un meccanismo di segnalazione all’Autorità e di ordini di rimozione e/o di disabilitazione all’accesso, istituito dall’Agcom, che diviene signora incontrollata di qualsiasi attività avvenga sul web italiano”.

Non siamo costituzionalisti, e non possiamo esprimerci in argomento, né sarebbe nostro compito farlo.

Resta comunque il dato di fatto che l’industria culturale italiana, negli ultimi anni, ha subito gravi danni, secondo stime Fapav (per quanto mai ben validate) nell’ordine di circa 500 milioni di euro annui, soltanto per quanto riguarda il comparto audiovisivo, ed è rimasta troppo a lungo una “terra di nessuno” in cui predare a piacimento: un vero e proprio Far West, come da titolo di un commento pubblicato su “il Sole 24 Ore” del 13 dicembre dal Commissario Posteraro. Va combattuta l’idea – scrive Posteraro – della rete “come un far west, nel quale è consentito fare strame impunemente dei diritti altrui, magari con la copertura dell’anonimato”. Sulla stessa linea, l’altro commissario Agcom relatore, Antonio Preto, che, sulle colonne di “MediaDuemila” ha scritto il 18 dicembre: “non esiste alcun trade off tra il diritto d’autore e la libertà di manifestazione del pensiero”.

In verità, a rifletterci seriamente ed a freddo, non ha gran senso assumere posizioni radicali in un senso o nell’altro – troppo entusiastiche o troppo critiche – ancor prima di vedere i concreti risultati del regolamento Agcom alla prova dei fatti. 

A naso, riteniamo possa trattarsi comunque di un buon compromesso tra chi auspicava più radicali interventi repressivo-censori (magari guardando il modello nipponico, ove anche il piccolo pirata domestico rischia veramente la galera) e chi invece vedeva nella regolazione un intollerabile bavaglio alla rete, e comunque un intervento non preceduto da una norma primaria legittimante (i seguaci di Grillo hanno addirittura gridato all’espropriazione della funzione del Parlamento: Cardani è stato definito “un autocrate che snobba il Parlamento” dai parlamentari del Movimento Cinque Stelle in Commissione Trasporti della Camera).

Il Presidente Cardani, in un’audizione del 15 gennaio di fronte alle Commissioni Cultura e Trasporti della Camera, ha sostenuto che il regolamento si pone come “ragionevole sintesi fra i differenti e variegati interessi in gioco”. Va segnalato che due giorni dopo l’intervento del Presidente Agcom, il 17 dicembre, è intervenuto sull’argomento il Commissario Ue Responsabile per il Mercato Interno, Michel Barnier, il quale ha confermato che il regolamento dell’Agcom è “conforme al quadro legislativo europeo”, ma ha precisato anche che la Commissione “ha in effetti delle domande e dei dettagli da verificare”, e su questo “continua a lavorare con le autorità italiane”. Pur giudicando positivamente l’iniziativa, Bruxelles nutre infatti alcuni dubbi sui nuovi poteri sanzionatori assegnati all’Authority e sulla possibilità di rimuovere dai blog i contenuti con parti di opere altrui. In particolare, ha destato la perplessità della Commissione la volontà dichiarata di voler perseguire i professionisti della pirateria, chiudendo esplicitamente un occhio per le violazioni degli utenti finali e per le applicazioni “peer-to-peer” di condivisione di file online. Inoltre è stato richiesto di comprendere meglio se le nuove norme si applicano soltanto al “provider host”, od anche ai “provider di servizi intermedi” (ossia i siti che mettono a disposizione i link), e di meglio specificare le definizioni di chi carica il materiale in rete (“uploader”), manager e persona competente di un sito. La Commissione Europea, pur riconoscendo che nel suo complesso l’iniziativa sembra essere orientata verso l’equilibrio dei diversi interessi delle parti coinvolte, ha anche chiesto spiegazioni sulle questioni del diritto alla difesa, del giusto processo e del principio del contraddittorio, che non potrebbero non essere in linea con la Carta Ue dei diritti fondamentali. La partita non è chiusa, quindi, ma si deve ben precisare che i chiarimenti richiesti (Barnier ha dichiarato che la Commissione attende ancora alcune risposte dall’Agcom) non bloccano in alcun modo l’entrata in vigore del regolamento, prevista per il 31 marzo 2014.

In conclusione, finalmente, esiste anche in Italia, dal 1° aprile 2014, una forma – finanche sperimentale – di contrasto al costante e progressivo depauperamento dell’industria culturale: depauperamento del sistema culturale che determina l’impoverimento dell’intera socio-economia del Paese.

E anche qualora non fosse il “migliore dei regolamenti possibili”, ci sarà  comunque tempo per modificarlo.

(a cura della Redazione Italiaudiovisiva – Elena D’Alessandri) 29 gennaio 2014