Si riaccende la battaglia degli editori europei contro Google. Ritenuti insufficienti i “rimedi” proposti da Mountain View

Come è noto, l’antitrust europeo nel novembre 2010 ha aperto un’indagine sul presunto abuso di posizione dominante del gigante di Mountain View nel settore della ricerca e della pubblicità online.

Nel marzo 2013, la Commissione Europea ha riconosciuto che Google probabilmente stesse “abusando” di “posizione dominante” nel mercato del “search” in Europa, individuando quattro aree di potenziale preoccupazione. Per tutta risposta Google, il 25 aprile scorso ha presentato alla Commissione alcune “modifiche/rimedi”, al fine di una conciliazione volta a chiudere l’indagine. Tra le proposte avanzate, in primis un sistema di etichettatura che renda visibili i risultati delle ricerche che promuovono il loro marchio, ovvero un servizio Google, quindi l’impegno a segnalare i link dei motori di ricerca concorrenti. Le proposte avanzate da Big G sono state sottoposte ad un “market test” della durata di un mese (con scadenza 27 giugno 2013), periodo durante il quale gli operatori del settore online sono stati invitati ad esprimere pareri, proposte o dissensi sull’efficacia dei “rimedi” proposti.

Il 25 giugno scorso, i principali editori europei di giornali e magazine hanno inviato una lettera-appello al Commissario Europeo per la Concorrenza, Joaquin Almunia tra i firmatari dell’appello figurano la European Magazine Media Association, la European Newspaper Publishers’ Association, lo European Publisher Council e la Online Publishers Association Europe, ed anche l’italiana Fieg – con la quale hanno esternato la propria posizione sull’argomento in maniera netta, critica e niente affatto negoziabile. Gli editori ritengono infatti le proposte avanzate dal colosso della rete assolutamente insufficienti a ristabilire un piano di concorrenza e pluralismo del mercato della ricerca online, e difficilmente migliorabili in modo tale da poter mettere fine alla manipolazione della ricerca operata da “Big G”, e all’indebita sottrazione di contenuti. Hanno quindi richiesto, con fermezza, il rigetto dei “rimedi” proposti da Google lo scorso 25 aprile, ed hanno insistito sull’importanza che l’indagine prosegua fino in fondo.

Nel mentre, tra le richieste avanzate dagli editori, l’assoluto divieto per Google di utilizzare contenuti degli editori, al di là di quanto strettamente indispensabile per la navigazione.

Come molti ricordano e come noi stessi abbiamo riportato su queste colonne nei mesi scorsi in Francia è stato siglato un accordo tra le parti (intesa che ha determinato l’istituzione di un “fondo” alimentato da Google stessa per stimolare il rapporto tra editori della carta stampa e web), mentre in Germania è stato approvato un disegno di legge che tutela il copyright (la famosa “Lex Google”). In Italia, ancora nulla è concretamente accaduto, ma fonti accreditate riportano l’intenzione di giungere ad una normativa che spinga le parti ad un’intesa, sebbene questa prospettiva sia soggetta alle prevedibile tempeste che dovrà affrontare l’incerto esecutivo Letta. Intanto l’Agcom si è impegnata a presentare una bozza di regolamento sul diritto d’autore online prima dell’estate.

Tra le altre richieste avanzate dagli editori europei, l’obbligo che Google utilizzi criteri di ricerca e visualizzazione uguali per tutti i siti, e non favorisca quelli che offrono servizi “marchiati” Google appunto. Inoltre, è stato chiesto di non penalizzare siti che limitano l’uso dei propri contenuti, oppure quelli di quotidiani e periodici a favore di aggregatori di news.

Gli editori ritengono assolutamente inadeguati gli impegni assunti da Google per un “aggiustamento di rotta”, ed hanno quindi chiesto alla Commissione di assumere uno “State of Objections”, ovvero un documento che giudichi insufficienti le proposte di Mountain View e consenta di passare alle vie legali.

Per meglio comprendere lo stato d’animo degli editori, si riportano le dichiarazioni rilasciate il 25 giugno dal Presidente della Fieg (Federazione italiana Editori di Giornali ), Giulio Anselmi: “Se Google non presenterà al più presto proposte sostanzialmente migliorative, gli editori chiedono che la Commissione utilizzi tutti i suoi poteri legali per contenere il gigante, che detiene il 90 % della quota nel search”. Sulla stessa linea anche i colleghi  tedeschi e spagnoli. Luis Enriquez, Presidente dell’Associazione Spagnola di Editori di Giornali, ha sostenuto che “i rimedi proposti da Google non risolvono i problemi generali, anzi talvolta potrebbero addirittura peggiorare le cose rendendo il suo dominio più stabile e ingannando i consumatori”.

(a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 27 giugno 2013

Speciale Diritto d’Autore online. Workshop Agcom 24 maggio 2013

Rproduciamo qui quanto pubblicato nei giorni scorsi sul sito web della testata del gruppo Il Sole 24 Ore, “Millecanali” sul workshop Agcom del 24 maggio scorso

http://www.millecanali.it/dossier-il-diritto-d-autore-online/0,1254,57_ART_211544,00.html

Dossier: il diritto d’autore online

Un lungo speciale sul workshop Agcom sul “Diritto d’autore online”, tenutosi venerdì 24 maggio alla Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati.

Elena D’Alessandri e Filippo Oriani

12 Giugno 2013

Il diritto d’autore è una delle questioni (ri)aperte dall’avvento di internet e delle nuove tecnologie, ma è strettamente collegato ad una serie di diritti fondamentali – ancorché facilmente strumentalizzabili dalle parti – tra cui la libertà d’intrapresa, di parola, di libera espressione. Rispetto all’ormai “preistorica” era analogica, la discussione non è più concentrata sul polo dei produttori di contenuti, ma coinvolge anche l’opinione pubblica (leggi i consumatori) come mai prima d’ora: la necessità di un ripensamento, o quantomeno di un intervento correttivo del quadro normativo vigente è condivisa sia dalla quasi totalità degli esperti e degli addetti ai lavori, sia da buona parte dei fruitori delle opere dell’ingegno. Circa due anni fa l’Autorità italiana per le Garanzie nelle Comunicazioni aveva preparato una bozza di regolamento per il diritto d’autore online, bozza che aveva sollevato molte polemiche e numerosi dissensi ed era infine stata affossata anche sull’onda della fine del settennato guidato da Corrado Calabrò. Poche settimane fa l’Agcom ha deciso, dopo mesi di silenzio, di tornare sulla spinosa questione, preannunciando un regolamento già per l’estate. Il workshop del 24 maggio, dal titolo “Il diritto d’autore online”, tenutosi presso una gremita Sala del Mappamondo della Camera dei Deputati a Montecitorio, è stata quindi l’occasione per ripartire. Il fenomeno cruciale della pirateria, attualmente ben più diffuso rispetto al passato, va analizzato su due differenti binari, uno culturale ed uno economico; entrambi certamente ed inequivocabilmente gravi, ma tra i quali il nesso è causale: il secondo è conseguenza del primo. Sorprende perciò che spesso l’attenzione sia rivolta alla punizione dei “delinquenti” (ché tali, senza dubbio, vanno chiamati) più che ad operazioni di sensibilizzazione o a ben più efficaci strategie di offerta legale: “efficaci”, qui, è un termine riferito sia alla diffusione di una corretta cultura digitale sia al ritorno economico per le industrie creative. È evidente infatti che l’incosapevolezza culturale prevalga, e di gran lunga, rispetto all’ideologia pirata, sebbene quest’ultima abbia un ruolo ben definito e di un certo rilievo nel dibattito anche politico. Piace quindi constatare come il convegno non si sia rivelato un’ennesima acrobatica corsa in equilibrio precario, ma abbia saldamente poggiato su entrambi i suddetti binari.  Anzi: il Presidente Angelo Marcello Cardani, nella sua introduzione, ha inequivocabilmente sostenuto che “l’Autorità è convinta che il primo elemento da prendere in considerazione per affrontare il problema sia l’educazione, cioè abituare gli utenti alla cultura della legalità nell’utilizzo dei contenuti digitali. Accanto a questo tema, occorre anche promuovere l’offerta legale, che sia appetibile e concorrenziale. Da ultimo c’è il tema dell’enforcement, eticamente e tecnicamente difficile”. Ciò per cui gli ideologi della pirateria criticano l’approccio dell’Autorità è smentito non solo dal buon senso e dai fatti, ma anche dal perentorio intervento di Antonio Martusciello: “Politiche che guardano soltanto al lato repressivo del fenomeno sono destinate a fallire, perché sarebbero percepite come vessatorie da gran parte degli utenti. Laddove si sviluppa l’offerta legale, la pirateria arretra. L’utenza dev’essere edotta sui rischi che comporta il download illegale: la gratuità è solo un’illusione. L’obiettivo dell’Autorità è ridurre il fenomeno della pirateria massiva a una dimensione fisiologica, colpendo l’abuso perseguito attraverso uno sfruttamento sistematico dell’opera altrui: l’azione di contrasto sarà selettiva e concentrata sui siti che gestiscono in modo professionale la pirateria, e non sul fair-use dei singoli utenti. Non riteniamo valide misure dirette ad incidere, criminalizzandoli, sugli utenti finali”. La sessione plenaria mattutina, in cui è stato possibile riconoscere quasi tutti i volti dell’industria creativa e dei contenuti italiana, ha visto coinvolti numerosi speakers stranieri, proprio per facilitare quel confronto e quell’apertura dichiarata da Cardani: “Sono stati effettuati studi, altri esperti verranno consultati e l’Authority è aperta, con un approccio di learning by doing, ad ogni forma di confronto, purché costruttivo e scevro da pregiudizi”. A conferma di ciò, si è partiti da uno sguardo d’insieme sul panorama europeo e statunitense con la Direttrice della Proprietà intellettuale della Direzione Generale Mercato Interno della Commissione Europea, Kerstin Jorna, e Standford Mc Coy, Assistant Us Trade Representative per la Proprietà Intellettuale e l’Innovazione. La prima ha puntualizzato sul fatto che, almeno in seno all’Europa, servano regole condivise per le società di raccolta (su cui la Commissione conta di agire a livello legislativo entro fine anno) ma anche ben ponderate al fine di evitare eccessi: “Ad esempio, se carico un video di mio figlio che balla con il sottofondo di una canzone protetta da diritto d’autore, che senso ha che io venga perseguita?”. I grandi sforzi che la Commissione sta sostenendo sono insomma rivolti alla ricerca di un solido equilibrio tra innovazione e protezione, cercando di mantenere il livello di quello che la Direttrice ha chiamato il “miglior sistema al mondo per il diritto d’autore”. Proseguendo, ha rimarcato la necessità di agevolare le procedure di micro-payment in rete, soprattutto per i giovani spesso sprovvisti di carte di credito e, per quanto riguarda l’enforcement, eliminare i free riders. In una consultazione condotta dalla Commissione sulle diverse forme di enforcement a livello nazionale, è emerso inoltre che esiste un problema di costo e durata dei procedimenti, talvolta eccessivi a seconda delle legislazioni e dei metodi adottati (si passa da meno di 2 anni in contesti come Paesi Bassi, Regno Unito, Germania ai 3-5 anni di Italia, Spagna e Ungheria). Ha poi portato alla luce un’altra importante questione affrontando il tema dell’advertising online basato sul pay-per-click: i “bad sites” lucrano sì illecitamente, ma c’è anche chi, a ben vedere, sfrutta gli spazi che questi mettono a disposizione del mercato, nascondendosi dietro una pratica di fatto “obliquamente” legale. Jorna ha concluso infine con una tema più volte riemerso nel corso della mattinata e largamente condiviso, schierandosi contro l’illusione che in rete sia tutto gratuito e che copyright e internet siano due elementi antitetici. Standford McCoy ha portato invece il punto di vista dell’Office of Trade Representatives for Intellectual Property and Innovation, l’organismo statunitense che si è occupato di redigere la lista dei Paesi nemici del copyright, un elenco (disponibile qui) in cui l’Italia figura nella “Watch List”, ovvero “sotto osservazione”: “Noi dobbiamo essere sicuri che tutti i nostri partner internazionali tutelino il diritto d’autore come lo facciamo noi. In questo senso, non possiamo che riconoscere il duro lavoro già fatto dall’Agcom in questi ultimi anni. Il Digital Millennium Copyright Act non è perfetto, ma resta il nostro quadro di riferimento che peraltro ha trovato grande consenso in seno all’industria made in Usa”. McCoy ha concluso esortando a fare il possibile per rendere internet una piattaforma per la crescita economica nella quale autori, creatori ed artisti possano prosperare. Il Commissario dell’Autorità Maurizio Décina ha quindi moderato la sessione internazionale, cui hanno partecipato esponenti di spicco di Francia, Regno Unito, Spagna e Paesi Bassi. Nella sua nota introduttiva Décina ha ribadito l’importanza del ruolo giocato dall’educazione, visto che più della metà dei pirati non sa nemmeno cosa sia il copyright nè che il downloading o lo streaming (da siti pirati) costituisca reato. Prima a prendere la parola è stata la francese Sarah Jacquier, Direttrice del Dipartimento Giuridico dell’Hadopi. Jacquier ha illustrato il lavoro svolto dall’Alta Autorità transalpina nel triennio 2010-2012 e l’impatto che il meccanismo della risposta graduale ha avuto sul downloading e sul peer-to-peer. Sono stati quindi illustrati i “portentosi” effetti educativo-pedagogici determinati dagli avvertimenti, così come testimoniato dal fatto che a 1,8 milioni di prime email siano seguite soltanto 160mila seconde raccomandate e 559 terzi avvisi. Certamente, ha concluso, “il Rapport Lescure recentemente consegnato al Governo, rimescola le carte e propone di affidare le competenze dell’Hadopi al Csa – Conseil Superieur de l’Audiovisuel, ma, nonostante le modifiche proposte (tra cui si ricorda l’eliminazione dei provvedimenti di disconnessione dell’utente e la tassazione dei dispositivi mobili), riconosce l’efficacia dissuasiva della risposta graduale”. Tutt’altro piglio quello di Campbell Cowie dell’Autorità britannica Ofcom, che ha sostenuto: “Dobbiamo avere la massima cautela su tutti i punti critici che riguardano il confine tra consumo ed infrazione. Esiste la necessità di valutare caso per caso per conoscere a fondo chi è che viola le regole e quale reale danno può arrecare all’industria. Questo per scongiurare decisioni eccessive e talvolta inutili. È per questo che in Regno Unito non si addiverrà ad una nuova legge prima del 2015”. Cowie ha quindi illustrato i risultati di un survey dalla quale emerge che il 44% dei trasgressori dell’universo 12+ non hanno alcuna coscienza di cosa sia legale e cosa no, e che il 18% dei surfers dichiara che smetterebbe di usare siti pirata qualora i servizi legali fossero più convenienti, maggiore l’offerta, più corte le windows distributive e maggiore la disponibilità di servizi in abbonamento. Inoltre la pirateria diminuirebbe se gli Isp inviassero avvertimenti o riducessero la velocità di banda ai trasgressori (la ricerca è disponibile sul sito istituzionale dell’Ofcom). Sulla linea della prudenza anche Carlos Guervos, membro della Commissione spagnola sulla proprietà intellettuale: “È necessario farsi sempre guidare da un principio di prudenza”. Che ha poi aggiunto “Bisogna partire dal presupposto che ciò che è illegale nel mondo reale lo è anche nel mondo virtuale e deve essere trattato e punito allo stesso modo”. L’ultimo intervento del panel è stato quello di Nico Van Eijk, Professore dell’Università di Amsterdam, il quale ha innanzitutto evidenziato l’assoluta inconsapevolezza del “pirata medio” che nel 30 % dei casi dichiara addirittura che il downloading sia una pratica legale. Successivamente il professore olandese ha mostrato delle statistiche effettuate sulla percentuale di downloading illegali nei vari settori dell’industria dei contenuti a distanza di 4 anni. Se nel 2008 si registrava un 32% di download illegali in Europa, nel 2012 la stessa rilevazione era scesa al 22%. Questo palesa come un’offerta legale ricca sia più proficua della repressione a tutti i livelli. Van Eijk ha rimarcato la netta differenza esistente tra singoli individui che compiono azioni “piratesche” e organizzazioni dedite alla violazione massiva del copyright, un approccio che da quel momento legherà molti degli interventi che seguiranno diventando uno dei punti condivisi della giornata. Chiudono il panel mattutino rapidi interventi di due giuristi e un mediologo italiani: Maurizio Mensi, Eugenio Prosperetti e Angelo Zaccone Teodosi. Maurizio Mensi, Professore di Diritto dell’informazione e della Comunicazione alla Luiss Guido Carli di Roma, ha sostenuto con particolare convinzione: “Mentre dall’Europa aspettiamo una legge da quasi dieci anni, in Italia il quadro legislativo parla chiaro: l’Agcom ha poteri di enforcement per la protezione del diritto d’autore nonchè poteri inibitori, come nelle intenzioni della consiliatura Calabrò. Una delega talmente chiara che potrebbe addirittura configurare il non deliberare da parte dell’Authority come una mancanza rispetto a quanto prevede la legge. Il punto non è dunque cosa, ma come mettere in atto i provvedimenti. Ed è chiaro che lì andrà esercitato il massimo bilanciamento di tutti i diritti che entrano in gioco”. Il docente di Competition Law and Policy dell’Università di Siena, Eugenio Prosperetti ha rimarcato la mancanza di una chiara definizione di “opera digitale” nel nostro ordinamento, vulnus che potrebbe essere foriero di incomprensioni normative, per poi focalizzarsi sullo strumento delle segnalazioni dei titolari di diritto: “Nel notice-and-takedown previsto dal Dmca americano si afferma chiaramente che un titolare di diritto, qualora volesse segnalare una presunta violazione, oltre a fornire tutto il materiale necessario a provare la sua rivendicazione deve firmare un’assunzione di responsabilità in merito a ciò che dice. E se risulta in torto, è costretto a pagare i danni. Non si può concedere il diritto a semplici e incontrollate segnalazioni verso i provider”. Chiude infine Angelo Zaccone Teodosi, Presidente IsICult e affermato mediologo, invitando ad evitare un semplicistico approccio dicotomico che vede contrapposta la gloria di un internet “panacea di tutti i mali”, in cui “la pirateria tende a configurarsi come un atto politicamente corretto in quanto avanguardia rispetto al vecchio”, ai cosiddetti “estremisti della proprietà intellettuale”. La reciproca demonizzazione tra questi due poli non solo riduce il dibattito a una teorizzazione ideologica, ma impedisce di cogliere, oltre all’aspetto giuridico della questione, quello mediologico, sociologico ed economico. Per Zaccone è in sostanza indispensabile un intervento razionalizzato della mano pubblica nell’ambito delle politiche culturali, anche a fronte del calo drammatico di occupazione e fatturato di tutti i settori dell’industria culturale nell’ultimo decennio. A questo proposito, forte del riferimento del Ministro Bray al modello francese come “riferimento per le politiche culturali italiane” in occasione della presentazione delle linee programmatiche del Ministero del 23 maggio, il Presidente di IsICult ha poi fatto un esplicito endorsement all’Hadopi: “È il migliore d’Europa, forse del mondo, ed è provato che il 90% degli utenti che ricevono la seconda lettera di avvertimento smettono di scaricare illegalmente”. Non è chiaro, va detto, se il Ministro, pronunciando quelle parole, abbia voluto comprendere nelle “politiche culturali” (che non comprendono solo i contenuti creativi digitali…) anche l’impianto normativo dell’Hadopi: il documento del Mibac (disponibile qui) parla di un generico “potenziamento della lotta alla pirateria, in particolare quella digitale”. Il panel pomeridiano “Gli strumenti di tutela”, incentrato sulla questione dell’enforcement delle misure atte a ridurre le violazioni del diritto d’autore, è stato introdotto dal Commissario Francesco Posteraro con un’osservazione non banale rispetto a una delle difficoltà dell’Autorità di Vigilanza: paragonato al legislatore, il quale ricava ampi margini di discrezionalità dall’indeterminatezza della disciplina costituzionale, “il regolatore si trova al contrario gravato di maggiori vincoli quanto più il dettato legislativo risulta privo di esplicite e dettagliate attribuzione di funzioni”. Senza contare, come anticipato sopra, i limiti posti dalla molteplicità di diritti coinvolti, tutelati dalla Costituzione e/o dal Diritto europeo (protezione della proprietà individuale, libertà di manifestazione del pensiero, promozione della cultura e della ricerca, diritto di accesso ad internet, riservatezza delle informazioni, iniziativa economica privata…). Anche il Commissario ha fatto cenno ad uno dei punti più largamente ed oggettivamente condivisibili, ovvero la “necessità di un coordinamento internazionale, poiché la rete non ha confini geografici”, ma l’idea centrale del discorso di Posteraro è che, nonostante l’AgCom stimolerà un miglioramento del quadro normativo primario, in effetti “anche a legislazione vigente sussiste lo spazio per l’intervento dell’Autorità, che ha il dovere di fare la propria parte anche attraverso il costante confronto con tutti gli operatori del settore”.Sono seguiti interventi di Paolo Marzano, docente di Tutela della Proprietà Intellettuale presso la Luiss Guido Carli, che ha proposto una panoramica dello scenario internazionale. La parola è passata quindi al Professor Guido Scorza, che per prima cosa ha sottolineato come non esistano numeri e studi economici che misurino entità e ragioni del fenomeno: quelli che esistono non sono indipendenti (e non ne hanno l’ambizione, peraltro). Inoltre la Commissione Parlamentare d’inchiesta che ha concluso pochi mesi fa i lavori sulla contraffazione non ha realizzato uno studio indipendente, rifacendosi invece, negli atti, a studi che già si conoscevano e comunque forniti da altri. Gli interventi delle associazioni partecipanti sono iniziati con quello di Luca Vespiniani (Federazione dei Produttori Musicali), seguito da Matteo Mille, della Business Software Alliance, Federico Bagnoli Rossi della Fapav e Marco Pierani di AltroConsumo. Col suo intervento Marco Ciaffone di Agorà Digitale, ha sottoposto la richiesta di un costante coinvolgimento della società civile nelle fasi di redazione del regolamento, attraverso un interlocutore unico interno ad AgCom. Giampaolo Letta, Vice-Presidente dell’Anica, si è limitato a registrare l’ovvio entusiasmo con cui si accoglierà il regolamento, se questo consentirà di agire tempestivamente e su scala internazionale, e a suggerire di sensibilizzare le società che comprano gli spazi pubblicitari dei siti o delle piattaforme pirata, se non addirittura di perseguire tale pratica. Insomma, da Sky a Mediaset, da Confindustria Cultura a Fieg a Siae, tutti si sono trovati d’accordo su alcuni assi: non si deve colpire il singolo utente, ma la fonte (il sito che lucra illecitamente); l’azione repressiva, a prescindere dal tipo di regolamento adottato, deve essere internazionale e tempestiva; la suddetta azione repressiva non è assimilabile a censura ma di semplice interruzione e punizione di attività illecita. Di questo gruppo di interventi, uno dei più puntuali e certamente il meno retorico è stato quello di Marco Ricolfi, che ha confermato i suoi dubbi riguardo il Regolamento AgCom in quanto l’Autorità si avvale di una competenza supportata dall’art. 182bis, l. 633/1941 e dall’art. 32bis del già citato Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi e Radiofonici. Il problema, come fa giustamente notare il Professore, è che il primo parla testualmente di “supporti audiovisivi, fonografici e qualsiasi altro supporto” nonché di “impianti”, cioè antenne; “proiezione in sale cinematografiche”; sistemi di riproduzione quali “fotocopia e xerocopia” (!), senza contare che “in caso di accertamento di violazione di norme di legge, va compilato processo verbale da trasmettere immediatamente agli organi di polizia giudiziaria”. A questa questione di legittimità, Posteraro ha risposto citando la Sentenza n° 5.827 del 2005 del Consiglio di Stato, che chiama in causa l’attribuzione anche implicita di poteri alle Autorità amministrative indipendenti secondo le norme primarie, cui “bisogna dare la possibilità di essere applicate”. La sessione plenaria a conclusione del convegno è stata inaugurata dal Commissario Antonio Preto, che ha stilato un puntuale resoconto del Panel I (Creatività e Contenuti in Rete), coadiuvato dal professor Gian Michele Roberti. In conclusione, a Cardani non è rimasto che congedare la platea e registrare la sua soddisfazione per l’andamento della giornata, che effettivamente è stata caratterizzata da una innegabile pluralità di punti di vista e da dibattiti (si spera) non solo consultivi ma costruttivi solo per il futuro Regolamento dell’Autorità Garante delle Comunicazioni, ma per la sua attività tutta.