Fieg: il “diritto d’autore” nell’agenda del Governo che verrà

Le elezioni politiche sono imminenti, e, senza offendere uno schieramento o l’altro, va osservato come poca sia l’attenzione dedicata dai partiti e dalle coalizioni alla “cultura”, intesa in senso lato, dai beni museali all’agenda digitale.

Una qualche attenzione è stata manifestata da due testate giornalistiche: “Il Sole 24 Ore”, che sviluppa una sua battaglia, a partire dal “manifesto” pubblicato il 19 febbraio 2012, ed il “Corriere della Sera”, che sembra quasi aver seguito la via tracciata dal concorrente confindustriale, pubblicando un appello a firma di Ernesto Galli della Loggia e Roberto Esposito, il 26 gennaio 2013, per la creazione di un “nuovo” Ministero per la Cultura…

Da segnalare anche altre recenti iniziative di sensibilizzazione, come “Ripartire dalla cultura”, promossa da Federculture, Aib, Icom, Italia Nostra, Legambiente, Fai ed Anci, e come “Abbracciamo la cultura”, promossa da una coalizione cui hanno aderito oltre cento soggetti, tra cui Agenquadrim, Aib (Associazione Italiana Biblioteche), Ana (Associazione Nazionale Archeologi), Arci, Assotecnici (Associazione Nazionale dei Tecnici per la tutela dei beni culturali, ambientali, paesaggistici), Auser, Cgil, Cia (Confederazione Italiana Archeologi), Federagit (Guide Turistiche Confesercenti), FiteL (Federazione Italiana Tempo Libero), Iac (Italian Association of Conservation Scientists), Iaml Italia (Associazione Italiana delle Biblioteche, Archivi, Centri di documentazione musicali), Inu (Istituto Nazionale d’Urbanistica), Legambiente… E potremmo ricordare l’appello promosso da Agis contro gli ulteriori “tagli” al Fondo Unico per lo Spettacolo (registrati proprio durante queste settimane di campagna elettorale), o le varie lamentazioni sui ritardi nel concreto avvio dell’Agenzia per l’Italia Digitale (istituita con il “decreto sviluppo” del giugno 2012, ma ancora non operativa)…

In tutto questo scenario, depresso e deprimente (tante le aspettative delle molte anime del sistema culturale nazionale, pochi gli impegni concreti assunti dai politici), modesta appare l’attenzione politica nei confronti delle pur strategiche tematiche del diritto d’autore. Va anche segnalato che la stessa “battaglia” contro il “new deal” della Siae (il 1° marzo dovrebbero tenersi le elezioni secondo il nuovo statuto, che prevede una democrazia…“plutocratica” – chi riceve di più dalla Siae, più voti ha… – mentre pende un ricorso presso il Tar del Lazio, ed il 20 febbraio si saprà se verrà concessa una sospensiva al processo elettorale) non sembra aver appassionato né gli operatori del settore né la stampa. Né è entrato nelle “agende” dei vari candidati.

In questo scenario, crediamo assuma una sua discreta importanza la “lettera aperta” che la Federazione Italiana Editori Giornali ha fatto pubblicare, il 13 febbraio 2013, su un paio di quotidiani nazionali, come “avviso a pagamento”: la presa di posizione della Fieg affronta anzitutto una macro-questione come la riforma del settore, propone una logica molto chiara sintetizzabile nello slogan “no a sovvenzioni, sì a incentivi fiscali”, affronta questioni come la distribuzione, il lavoro, ma una delle questioni nodali sottoposte all’attenzione del “governo che verrà” è proprio il diritto d’autore.

Si legge nel documento Fieg: “Diritto d’autore. Le aziende editrici italiane hanno razionalizzato i costi, per riacquisire efficienza e frenare il declino della redditività, ed hanno diversificato le loro attività, confrontandosi con un ambiente sempre più multimediale. Ma non hanno mai trovato nelle politiche pubbliche sufficiente interesse per la protezione di chi produce contenuti editoriali di qualità e per la salvaguardia di tutte quelle risorse – economiche, umane e tecniche – indispensabili alla loro realizzazione e, più in generale, alla sopravvivenza di una informazione libera e credibile. Libertà di stampa e pluralismo sono possibili solo con imprese editrici autonome ed economicamente sane, che operino in un contesto di regole di mercato. Rafforzare l’effettività della tutela del diritto d’autore in Internet rispetto ai molteplici fenomeni di sfruttamento parassitario dei contenuti editoriali significa rafforzare le imprese stesse, la loro economicità e la loro capacità di sviluppare e sperimentare nuove forme di comunicazione multimediale”.

Si tratta di tesi sintetiche, chiare, consapevoli. Nella disamina complessiva della situazione di criticità del comparto dell’editoria quotidiana, viene dato il giusto risalto al diritto d’autore ed all’annoso problema della pirateria digitale. In una situazione di sempre maggiore scarsità di risorse (peraltro anche i contributi pubblici sono in continuo calo), un sistema di tutele per i produttori di contenuti – siano essi informazioni piuttosto che audiovisivi o musica – è più che mai urgente e fondamentale, per salvaguardare le risorse necessarie alla produzione stessa dei contenuti, come enfatizza la Fieg. Ci sentiamo sintonici rispetto a quanto richiesto dalla Fieg al prossimo Governo, ed in linea con quanto ribadito più volte anche su queste colonne. Ancor più, ribadiamo, in un periodo di profonda crisi economica qual è l’attuale. La qualità dell’informazione e la tutela del pluralismo sono valori fondamentali per un Paese che voglia definirsi democratico. Ma la tutela di questi capisaldi passa anche attraverso un sistema di “garanzie” e tutele di coloro che profondono tempo, energie e risorse economiche nella loro produzione.

Un intervento sul diritto d’autore – tante volte rimandato – da parte dell’Agcom è oggi particolarmente urgente. Questa legittima richiesta sembra esser stata colta dai membri dell’Autorità (o, almeno, da alcuni di loro), che assicurano un intervento a breve. Anche in un recente convegno, tenutosi il 5 febbraio scorso alla Luiss “Guido Carli” di Roma, il Presidente Agcom, Angelo Marcello Cardani, ha espresso l’intenzione dell’Autorità, anche in assenza di interventi legislativi, di riaprire il dossier sul diritto d’autore. Stessa tesi era stata sostenuta nei mesi scorsi dal Commissario Maurizio Dècina, mentre il Commissario Antonio Preto, su “la Repubblica” del 12 dicembre 2012, aveva invece sostenuto “La questione entra ufficialmente nel nostro piano di lavoro, ma non sprecheremo energie e non faremo fughe in avanti. Il nostro primo atto sarà appellarci al Parlamento che sarà eletto a febbraio”. Temiamo che se l’Agcom vorrà attendere il Parlamento ed il nuovo Esecutivo, la questione slitterà di molti mesi, e quindi va auspicato un intervento dell’Autorità.

A questa “lettera aperta” della Fieg, si è aggiunto, a distanza di un paio di giorni, l’appello dell’Fnsi, Federazione Nazionale della Stampa Italiana. La situazione di crisi generale che si ripercuote sul comparto editoriale e sulla stampa quotidiana e periodica ha portato giornalisti ed editori a fare fronte comune, per salvaguardare questo comparto sistema dell’informazione che, nonostante le nuove tecnologie, offre informazioni ad oltre 20 milioni di italiani ogni giorno. La stampa “scritta” è viva e vivace, il supporto cartaceo non è un ricordo del passato. Fieg, come si legge nella “lettera aperta”, oltre ad un intervento in materia di diritto d’autore, richiede un maggiore impegno e soprattutto un maggiore coordinamento negli aiuti pubblici al settore. La Fieg rifiuta gli interventi a pioggia e “spot”, ma invoca un sistema di tutela e di sostegni coordinati e continuativi. Non sorprende l’appello, soprattutto in questo periodo in cui particolarmente evidenti sono le difficoltà di gruppi di primo livello nell’editoria nazionale, come Rcs e Mondadori.

Va ricordato che solo pochi giorni fa in Francia è stato firmato quello che lo stesso Presidente Hollande ha definito “accordo storico” tra una ampia fetta dell’editoria d’Oltralpe e Google France (per un approfondimento vedi post del 4 febbraio scorso “Le rassegne stampa vampirizzate: in Francia, siglato accordo “storico” tra Google e l’Eliseo”). Pur rimanendo scettici sull’effettiva portata storica dell’accordo, avevamo previsto che la situazione francese avrebbe determinato “effetti domino” anche in altri Paesi impegnati nelle stesse battaglie. L’accordo francese ha infatti provocato aspettative anche in altri Paesi, dove editori e giornalisti vogliono veder riconosciuti i propri diritti ed il proprio lavoro. E quindi, come prevedibile, anche in Italia, alle altre richieste, si aggiunge quella di un sistema di aiuti che tenga conto della crisi economica, e degli investimenti necessari alla trasformazione tecnologica.

Da segnalare infine che in un’altra “lettera aperta”, pubblicata oggi 18 febbraio sul “Corriere della Sera”, i presidenti dell’Anica e dell’Aie lamentano anche loro la assenza delle parole stesse “industrie culturali” nei programmi delle varie parti politiche (l’articolo si intitola a chiare lettere “Una politica industriale per la cultura”). Rispetto alle questioni generali, ne identificano una: l’istruzione. Riccardo Tozzi e Marco Polillo ritengono prioritario “introdurre la frequentazione, la conoscenza e l’uso di oggetti culturali (libro, musica, cinema)” nella scuola italiana, altrimenti “non aumenterà mai il ‘circolo dei cinque milioni’: tanti sono (meno del 10 % della popolazione) gli italiani che in un anno hanno un’abitudine alla fruizione dei prodotti culturali”. Ci consentano Tozzi e Polillo di obiettare che forse queste statistiche (la fonte non viene citata) sono ingannevoli: in verità, gli italiani che fruiscono di musica ed audiovisivo (per quanto riguarda i libri, il discorso è diverso) sono di più, ma il problema è che fruiscono di prodotti “piratati”. Se c’è una “questione generale” su cui concentrare l’attenzione del “policy maker” futuro è la lotta alla pirateria e la stimolazione di modelli di fruizione (e di business) che non portino al depauperamento complessivo del sistema culturale nazionale.

( a cura della redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 18 febbraio 2013

Chiuso Downloadzoneforum.net, il più grande “sito pirata” italiano

Grande delusione per 1,2 milione di iscritti, piccola vittoria per le industrie creative. Crediamo che la notizia non possa non essere considerata una piccola ma significativa vittoria non per le industrie creative soltanto, bensì per la “cultura” tout-court. Il 4 febbraio scorso, la Guardia di Finanza di Paderno Dugnano (in provincia di Milano), su ordine della Procura della Repubblica di Monza, ha sequestrato, e quindi oscurato, uno dei più importanti siti di filesharing italiani (secondo alcuni osservatori, il più grande sito pirata attivo in Italia), dal quale sin dal 2008 era possibile scaricare abusivamente file musicali, audiovisivi, videogames, software e tanto altro. Il sito si caratterizzava per una infrastruttura tecnologica molto evoluta e ben articolata.

Accedendo a quell’indirizzo web, appare ora in bella mostra un avviso, con il logotipo della Repubblica Italia e a firma della Tenenza Paderno Dugnano (Milano), Nucleo Mobile, della Guardia di Finanza, che recita: “Sito sottoposto a sequestro per violazione dell’art. 171-ter c. 2 lett. a-bis) Legge n. 633 / 1941 in esecuzione del provvedimento dell’Autorità Giudiziaria. Procedimento Penale nr. 688/13 R. G. N. R. Mod. 21 Noti pendente presso la Procura della Repubblica c/o Tribunale di Monza”. Una parte di questo testo viene proposto anche in traduzione in inglese.

La chiusura di Downloadzoneforum.net rappresenta un altro importante passo avanti per la lotta alla contraffazione e per la protezione di materiali coperti da copyright. Il portale vantava oltre un milione e duecentomila utenti registrati, e più di 50mila opere illegali in “catalogo”, tra musica, film, videogiochi, software e prodotti editoriali. Soltanto nel corso del 2012, ha ospitato oltre 20 milioni di visitatori, con circa 130 milioni di pagine visualizzate.

Appare quasi incredibile (e deprimente) apprendere che tra i file scaricati con maggiore frequenza ci fosse la traccia “Italia loves Emilia”, incisa per sostenere le popolazioni  colpite dal terremoto. Ne sono state scaricate oltre mille copie nell’arco di un paio di mesi.

L’operazione, denominata “Divina Commedia”, che si è conclusa con la chiusura del portale illegale (il cui server di supporto era nei Paesi Bassi), era stata avviata nella prima metà del 2012, ed è stata condotta dalle Fiamme Gialle, con la collaborazione della Federazione contro la pirateria musicale e multimediale (Fpm), la Federazione per la tutela dei contenuti audiovisivi e multimediali (Fapav) e l’Associazione editori sviluppatori videogiochi italiani (Aesvi), portando alla denuncia di due degli amministratori del sito. Ancora in corso le indagini, volte ad accertare i guadagni illeciti ed eventuali altri soggetti coinvolti.

Grande è stato il plauso della Federazione per l’Industria musicale italiana – Fimi, il cui Presidente, Enzo Mazza ha dichiarato: “è fondamentale, ai fini della tutela del diritto d’autore, riuscire a colpire le piattaforme che lucrano e creano le condizioni per agire illegalmente. L’industria musicale italiana, inoltre, si è dimostrata negli anni, pronta ad affrontare un’evoluzione importante ed è oggi capace di proporre un’offerta di fruizione della musica attraverso canali e tecnologie innovative, rispondendo così alle mutate esigenze dei consumatori”.

Va notato che, cercando Downloadzoneforum.net su Google, tra i primi risultati è in bella evidenza un sito, che si chiama Similar Site Search, che evidenzia “di seguito è riportato un elenco di 50 siti simili a Downloadzoneforum.net”. Ne elenchiamo alcuni: Yoouddl.com, dduniverse.net, nextube.org, adunanza.net, sharingfreelive.net…

Abbiamo anche letto quel che appare sul sito del “DownloadZoneForum Information Channel” ovvero http://downloadzoneforum.blogspot.it/, che si autodefinisce “pagina creata con lo scopo di informare gli utenti di downloadzoneforu sullo stato del sito”:

“Giovedì 7 febbraio 2013. Salve, sono Yondaime-k3, uno dei due admin che in questo momento sta affrontando un procedimento penale per aver condiviso file protetti dal diritto d’autore a scopo di lucro (?). Non siamo qui oggi però per affermare la nostra non colpevolezza, ma per fare un annuncio a chi, come me, non stava su downloadzone per scaricare, ma perché lo considerava una seconda casa piena di gente, con il quale discutere e confrontarsi, d’altronde DZ è sempre stata una grande famiglia! Oggi sono qui per chiedervi di restare in ascolto, perché a breve faremo un annuncio che per noi, e spero anche per voi, è importante. ovviamente non sarà riguardo ai download, stiamo cercando di rimettere insieme la community :) Vi aggiorneremo il prima possibile!”. Il 31 gennaio, lo stesso “admin” scriveva: “Download chiuso dalla finanza. Downloadzone è stato chiuso dalle autorità. Inutile chiedere cose inutili, i fatti sono questi. Ringraziamo tutti gli user, silver, upper e gold per affetto che ci avete dimostrato in tutti questi anni”.

Altrove, si legge un altro messaggio degli amministratori: “Certo che stiamo parlando seriamente. È morto per sempre. Dimenticatevelo”. Dopo i pressanti interrogativi degli utenti, gli amministratori di DownloadZone hanno consigliato l’immediata rimozione di tutti i “mi piace” dalla pagina Facebook dedicata al sito, dal momento che, si spiega, “2 admin (tra cui 1 ex admin) sono sotto custodia cautelare” e il sito è stato sottoposto a sequestro dal nucleo mobile della Guardia di Finanza di Paderno Dugnano (Milano). Facendo riferimento ai dati relativi al traffico web di Alexa, il 92 per cento dei visitatori del forum warez proviene dall’Italia, in particolare dalle città di Bergamo e Catania. Tra i vari cinguettii di condoglianze digitali, si apprende come due amministratori di DownloadZone sarebbero in attesa di processo dopo 6 anni di attività. “Hanno oscurato il sito e sequestrato il server, il mio PC e i miei hard disk”, ha raccontato uno degli admin su Facebook. (M.V.)”.

Si legge in rete, un altro messaggio: “Sono l’admin _Zoni_, a cui era intestato il server, ieri mattina alle 6.00 sono arrivati 4 finanzieri sotto casa mia, dopo 13 ore hanno sequestrato il mio pc e i miei hard disk, non mi hanno messo agli arresti domiciliari o altro. Detto questo, non ricordo i nick e non ho intenzione di andare a cercarmeli e quotare tutti, quindi rispondo in modo casuale. A differenza di altri siti, uno dei motivi per cui non ci hanno chiusi in passato è perché non ci abbiamo mai lucrato, volendo riempiendolo di pubblicità avremmo potuto guadagnarci 2-3mila euro alla settimana con tutte le visite che avevamo, invece non l’abbiamo mai fatto, i popup che avevamo coprivano a malapena i costi del server, sono stati molto rari i mesi in cui riuscivamo a guadagnarci qualcosa (100, 200 €). Poi, downloadzone non è mai stato rubato e non è nato su forumfree, è nato su altervista, prima eravamo su downloadzone.altervista.org, sito sequestrato anni fa, lo comandava yondaime cloud, ai tempi root admin, dopo 6 mesi dalla sua scomparsa, dopo che avevamo tirato avanti da soli (ai tempi ero supermod) per un anno il forum, e l’avevamo fatto crescere, ha deciso di lasciarci il database e di farci condurre dz sul nuovo dominio, downloadzoneforum.net. Peccato che dopo pochi mesi abbia rimesso online il vecchio database (che era corrotto) sul vecchio url, quello su altervista, riempiendolo di ad di google e di pubblicità, dopo quello ha cambiato layout del forum lasciando poche pagine, riempiendole ancora di più di ad, arrivando a guadagnare 300-400 euro al giorno, ovviamente dopo poche settimane la finanza ha chiuso il tutto. Noi abbiamo continuato, fino a ieri. mi sono dimenticato qualcosa, ma pazienza, un consiglio a tutti: avete un forum di download? Chiudetelo, arrivano a chiunque, non si riesce a sfuggire. Sono contento che a qualcuno dispiaccia, significa che nel mio piccolo sono riuscito a fare qualcosa che importi o sia importato a qualcuno, non mi interessa di quelli che sono contenti della chiusura, in ogni caso ringrazio tutti, io ho passato 6 anni bellissimi su dz e ho conosciuto gente che sento da anni e che continuerò a sentire, per il resto, sono disponibile per chiacchierare tranquillamente sul nostro forum di supporto, dove ovviamente non abbiamo nessun file in download”.

Un commento in rete: “Penso stiamo tutti a piangere lacrime napulitane per DownloadZone, per quanto mi riguarda era praticamente IL sito di download in Italia, con un archivio immenso. Un vero peccato che abbia chiuso, ma si sa che prima o poi ti beccano quando detieni dei server che reggono un “sistema” così ampio ed esteso”.

Un altro commento intercettati in rete: “Boh, in realtà ormai non lo usavo nemmeno più. Mi sono avvicinato molto ai torrent, che garantiscono una certa sicurezza e relativamente pochi rischi (quando scarichi un film è quel film, e non un clippino a contenuto sessualmente esplicito, tanto per capirci). Tra l’altro, ci si impiega relativamente meno tempo quando si hanno seed a sufficienza. Insomma, non una grande perdita… Soprattutto alla luce del fatto che ultimamente era più down che funzionante” (l’autore si firma Sad Aka Sad).

Noi… evitiamo commenti!

( a cura della redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 7 febbraio 2013

Le “rassegne stampa” vampirizzate: in Francia, siglato accordo “storico” tra Google e l’Eliseo

La “tassa Google” è morta prima di nascere, grazie… alle potenti capacità di lobbying di Google?!

Dopo oltre due mesi di trattative e allo scadere del tempo massimo previsto per trovare un’intesa, l’Eliseo ha diffuso la notizia di aver raggiunto un accordo con il gigante di Mountain View, nella vicenda che contrappone gli editori della “carta stampata” (ma in generale i produttori di contenuti di qualità) ed i “nuovi aggregatori” (alias Google e YouTube), anche in relazione alla utilizzazione delle rassegne stampe ed alla indicizzazione delle news.

Nelle settimane scorse, era stata in trattativa una intesa che avrebbe dovuto determinare un flusso garantito, nell’ordine di 50/100 milioni di euro l’anno, da parte di Google, a favore della stampa quotidiana e periodica francese, per consentire l’indicizzazione dei titoli. Era stata anche ipotizzata una quota percentuale fissa dei ricavi pubblicitari di Google in Francia, stimati tra 1,2 ed 1,4 miliardi di euro: un 100 milioni l’anno avrebbero rappresentato meno del 10 % del business francese della multinazionale statunitense.

Questa trattativa sembra essere stata superata da un nuovo e diverso accordo, che sposta su un altro piano la querelle, e propone una soluzione “una tantum”, non stabile come invece auspicavano gli editori.

In base al nuovo accordo, il colosso della rete pagherà 60 milioni di euro (82 milioni di dollari Usa) agli editori francesi per “contribuire alla transizione al digitale dell’editoria cartacea”: più esattamente, questa somma verrà messa a disposizione da Google per alimentare un “fondo dedicato” destinato a selezionare “iniziative promettenti che stimolino l’emersione di nuovi contenuti online”, ma anche per aiutare gli editori a monetizzare meglio i contenuti digitali attraverso strumenti commerciali del motore di ricerca come AdSense, AdMob e AdExchange.

Con questo accordo, inoltre Google diventa  partner privilegiato degli editori nel passaggio al digitale, fornendo loro strumenti tecnici e competenze soprattutto nel settore della raccolta pubblicitaria.

L’accordo consente a Google di evitare un intervento normativo, almeno per ora, anche se non sembra risolvere la querelle sull’indicizzazione.

Più concretamente, nell’arco di 5 anni, “Big G” stanzierà 60 milioni di euro, per un fondo (in inglese, definito “digital publishing innovation fund”), che sarà gestito da una triade, di cui faranno parte Carlo D’Asaro Biondo (Google, Presidente Semea), Nathalie Collin (Direttrice del “Nouvel Observateur” e Presidente dell’lpg ovvero l’Association de la Presse d’Information Politique et Générale) e Marc Schwarz (il famoso “mediatore”, già Presidente di France Télévisions, designato da Hollande a fine novembre 2012 proprio al fine di raggiungere un accordo tra le parti).

Grande sembra l’entusiasmo generale.

L’accordo viene definito addirittura “storico” e “rivoluzionario”: il Presidente Hollande, in conferenza stampa il 1° febbraio, ha sostenuto “Il s’est produit aujourd’hui un événement mondial” (testuale: “mondiale”) nella storia dei media. Ovviamente – ha aggiunto – “nell’interesse del popolo francese”.

Certo, 60 milioni di euro non sono pochi, ma certamente neppure una cifra stellare, per un colosso che nel 2012 ha superato la soglia dei 50 miliardi di dollari Usa di fatturato planetario e ben 11 miliardi di dollari di utile netto. Abbiamo già ricordato che il fatturato Google in Francia viene peraltro stimato tra 1,2 ed 1,4 miliardi di euro l’anno. Anche se la filiale francese del gruppo non dichiara più di 150 milioni di euro di fatturato in Francia…

Quel che appare più curioso è – in verità – che, sulla base di questa partnership, Google di fatto offrirà consulenza agli editori e fornirà loro suggerimenti su come ottenere proventi pubblicitari, cercando di ridurre le perdite nella transizione all’online. In altri termini, Google mette sul piatto 60 milioni di euro per… finanziare la “riconversione” dell’editoria su carta, al fine di far divenire questi editori clienti dei propri servizi a pagamento! È una sorta di investimento strategico, dal punto di vista di Mountain View.

Il Ministro dell’Economia Digitale, Fleur Pellerin, ha dichiarato che la somma concordata è “molto soddisfacente. Non è una pura sovvenzione. È un aiuto alla trasformazione in modo che gli editori della stampa possano modernizzare i loro modelli economici”.

Il testo dell’accordo non è stato reso pubblico, e ciò ha provocato già prevedibili polemiche sulla gestione dell’istituendo fondo: in particolare, lo Spiil, Syndicat de la Presse Indépendante d’Information en Ligne, evidenzia come si tratti di un’intesa rilevante, perché 60 milioni di euro corrispondono al sostegno dello Stato francese per l’editoria giornalistica elettronica nell’arco di tre anni (ovvero a 6 volte l’aiuto accordato nel 2012).

Ma la domanda che sorge spontanea è: cosa accadrà tra 3 anni, visto che l’accordo prevede comunque una scadenza? E cosa accadrà – nel mentre – per le rassegne stampa e per l’indicizzazione delle news?!

Certo è che si tratta di un segnale di disponibilità di Google, ma lo scenario generale dell’accordo suscita ancora molte perplessità.

Secondo una lettura maligna, il “conquistatore” Google potrebbe aver comprato la benevolenza dell’“indigeno” Francia con qualche specchietto… due spiccioli, insomma, per evitare una legge!

Cosa accadrà negli altri Paesi, che comunque avevano condiviso con la Francia la battaglia per la remunerazione dei contenuti sfruttati in rete? Ed in Italia, in particolare?!

Si ricorda che a fine ottobre 2012, la gli editori italiani, francesi e tedeschi (Fieg, Ipg, Bdzv e Vdz) avevano deciso di fare fronte comune per “la tutela del diritto d’autore ai tempi del web”. Il Presidente della Fieg Giulio Anselmi ed il Direttore Generale Fabrizio Carotti hanno sostenuto con decisione che una “rete libera” non può tradursi meccanicamente in “gratuità totale” dei contenuti, ed hanno rivendicato l’esigenza di una legge a tutela dei contenuti. La Fieg ha proposto che una percentuale dei ricavi pubblicitari di Google in Italia vada agli editori, consentendo così ai nuovi aggregatori di indicizzare i prodotti editoriali online. Per la Federazione Italiana Autori Editori, si tratterebbe di riprodurre un accordo analogo a quello che è stato siglato per la tutela delle rassegne stampa cartacee, che garantisce le royalties agli editori (una sorta di “equo compenso”) dai soggetti che realizzano le rassegne stampa: una quota del 4 % dei ricavi delle aziende fornitrici delle rassegne stampa va collettivamente agli editori (cioè alla Fieg), che si spartiscono i proventi in base agli articoli pubblicati nelle rassegne stampa. La Fieg ha promosso una srl che fa capo alla Federazione, Promopress, e la “quota” percentuale è partita dal 2 % del 2012 per arrivare all’8 % nel 2015. Non tutte le società specializzate nella produzione di rassegne stampa hanno però aderito al progetto Fieg. Si segnala che si tratta di un settore che darebbe lavoro a circa 600 persone, per un fatturato complessivo di ben 40 milioni di euro l’anno. Soltanto la storica L’Eco della Stampa fattura ogni anno oltre 20 milioni di euro, ed impiega oltre 200 dipendenti. Data Stampa, fondata nel 1981, effettua il monitoraggio di 1.570 testate.

L’obiettivo delle associazioni dei tre Paesi era l’inserimento nei quadri normativi nazionali di una disciplina che definisse “un sistema di diritti di proprietà intellettuale idoneo a incoraggiare su internet forme di cooperazione virtuosa tra i titolari di diritti sui contenuti editoriali e gli operatori dell’industria digitale (in primo luogo, i motori di ricerca)”.

E proprio di oggi, 4 febbraio 2013, la laconica notizia apparsa sul sito web del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che qui riportiamo: “La Rassegna Stampa, a seguito di specifica richiesta, avanzata dalla Fieg – Federazione Italiana Editori Giornali, sul tema della tutela del diritto d’autore, con particolare riferimento alle attività di utilizzazione e diffusione delle rassegne stampa, dal 1° febbraio 2013 non è più accessibile dall’esterno. Per i dipendenti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il servizio è disponibile sulla rete Intranet”. Si ricorda che nel dicembre 2012, Fieg ottenne che non sarebbero state più accessibili dall’esterno le rassegne stampa della Camera e del Senato: questo blocco dell’accesso doveva avvenire dal gennaio 2013, ma è stato poi rimandato a fine legislatura, ed in effetti la rassegna stampa dei due rami del Parlamento è ancora oggi liberamente consultabile. Il Presidente della Camera, Gianfranco Fini, aveva preso posizione a favore del mantenimento della libera fruizione della rassegna stampa, ma poi ha prevalso la considerazione che il Parlamento non può non tener conto delle leggi in vigore nel proprio paese. Gli oppositori hanno bollato queste iniziative della Fieg come “oscurantiste”.

Si ricorda infine che in Germania è ancora in gestazione una proposta di legge (denominata “Leistungsschutzrecht für Presseverleger”) avviata il 29 agosto, che prevede che Google sia obbligata ad una sorta di tassa sui propri ricavi, da destinare giustappunto agli editori. Nel novembre 2012, Google ha reagito lanciando una campagna informativa di contestazione dell’iniziativa legislativa, con lo slogan “Defend Your Net”, per osteggiare l’iter del provvedimento, che è ancora in discussione al Bundestag (come è noto, il Partito dei Pirati è ovviamente il maggiore oppositore).

In Italia, si attende ancora di comprendere cosa intenda fare l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, in relazione alla controversa gestazione della delibera in materia di diritto d’autore online. E nel mentre il nostro Paese veleggia nei picchi delle statistiche mondiali sulla pirateria, e permane ben classificata nella “black list” del Governo Usa. E non sembra che su queste tematiche qualcuno tra gli aspiranti premier abbia mostrato sensibilità di sorta.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E.) 4 febbraio 2013