La “Google Tax” al vaglio di Germania e Francia: il “free riding” degli “aggregatori”

I legislatori di Germania e Francia stanno valutando l’adozione di misure dirette a colpire i profitti degli aggregatori di notizie su internet. Nonostante entrambe le proposte non facciano espressa menzione al colosso di Mountain View, appare chiaro che i provvedimenti, ove approvati, andrebbero a costituire una vera e propria “Google Tax”. Ed infatti i provvedimenti sono stati così denominati dalla stampa e dagli altri media.
I due Paesi, tuttavia, viaggiano a differenti lunghezze d’onda, per ciò che più specificamente attiene ai confini applicativi di tali proposte:
- in Germania, la proposta di cosiddetta Leistungsschutzrecht (“normativa sul copyright ancillare”) sembra rivolta in prevalenza a qualificare l’attività di aggregazione di notizie di stampa come licenza concedibile dall’autore/editore dei singoli contenuti, dando quindi allo stesso facoltà di richiedere il pagamento di adeguata remunerazione per la sua concessione;
- in Francia, invece, un progetto di legge, caldeggiato da alcune associazioni di editori, propone al Parlamento un più radicale intervento: trattare alla stregua di diritto connesso non solo l’attività di “news aggregator”, ma anche l’indicizzazione stessa delle notizie da parte dei motori di ricerca online, ampliando così notevolmente l’ambito di applicazione di tale ipotetica remunerazione autoriale.
Entrambi i progetti sono ovviamente a livello embrionale, e dovranno essere discussi dalle istituzioni di pertinenza.
Ciò che tuttavia ci sembra emergere è la chiara intenzione degli editori europei di porre un deciso freno al “free riding” degli aggregatori in generale, ed in particolare al principale “rappresentante” della categoria sulla Rete, Google.
Sinora, infatti, il ricavato dei banner pubblicitari e delle sponsorizzazioni sulle ricerche è sfuggito a tali dinamiche d’indennizzo, andando ad incrementare il fatturato del motore di ricerca per antonomasia.
Se però Google trae vantaggio (in termini di incassi pubblicitari) dall’aggregazione di contenuti prodotti da un certo editore/produttore/autore, è altrettanto giusto che l’editore dei contenuti originari possa reclamare una giusta parte del vantaggio economico, proprio come già succede per i video musicali su YouTube, in virtù di specifici accordi con le “collecting societies”.
A prima vista, la proposta di legge tedesca, il cui contenuto appare frutto dell’esperienza degli accordi di varie major multimediali con YouTube, ha buone possibilità di vedere la luce così come presentata, mentre non sono del tutto chiari gli effetti di una eventuale attuazione della proposta francese.
Ad oggi, nei singoli casi in cui un editore segnala a Google la presenza illegale di propri contributi sulla piattaforma blogger e sugli altri prodotti di hosting del brand, la società di Mountain View agisce rimuovendo i contenuti; in egual stesso modo, le richieste di rimozione di specifici siti web pirata dai risultati di ricerca, se appropriatamente motivate, sono attuate con diligenza da Google (soprattutto a seguito delle note vicende giudiziarie in materia).
Cosa succederebbe, tuttavia, se, grazie ad un atto di legge, una numerosa quantità di semplici risultati divenissero improvvisamente “potenzialmente a pagamento” per Google?
Due gli scenari ipotizzabili:
- scenario 1:
in un primo caso, invece di effettuare il pagamento dei relativi diritti, Google potrebbe introdurre filtri automatizzati per la rimozione dei risultati che comportano oneri economici: una tale predisposizione priverebbe però di senso la nozione stessa di “motore di ricerca globale”, e creerebbe una certa disaffezione per il mezzo, senza contare che, sinora, alle richieste di molte sue controparti processuali, Google ha sempre obiettato di non poter introdurre filtri automatizzati preventivi, perchè “costosi, liberticidi e poco efficaci”;
- scenario 2
nel secondo, e più probabile scenario, invece, Google potrebbe reagire proponendo ricorso alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea contro una tale misura, lamentando ingiusti ostacoli alla libertà di iniziativa economica.
Seguiremo dunque con la necessaria attenzione l’iter delle due proposte, per vedere se andranno avanti, e fino a che livello spingeranno il contrasto al “free riding dei contenuti editoriali in rete.
In Italia, intanto si attende che Agcom batta un colpo, dopo che Calabrò ha seppellito la proposta di intervento in materia di diritto d’autore online.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – G. ) 28 settembre 2012

La Commissione Europea propone una Direttiva sulle licenze multi-territoriali per le opere musicali

Lo scorso luglio è stata resa nota la proposta di Direttiva della Commissione Ue  in materia di gestione collettiva dei diritti d’autore (documento COM(2012) 372 final).
Tale  proposta è volta a semplificare il regime di gestione delle licenze e a stabilire le condizioni alle quali è possibile (ma anche necessario), per le società di gestione collettiva, assicurare ai titolari dei diritti la possibilità di diffondere i propri diritti musicali attraverso un sistema di licenze multi-territoriali online.
La proposta si basa sul principio di “libera circolazione” dei servizi all’interno dell’Unione e, da una parte, stabilisce i requisti che devono avere le società di gestione collettiva per poter emanare licenze multi-territoriali; dall’altra, prevede che, trascorso un periodo di transizione senza che provveda la società di gestione collettiva, i titolari dei diritti possano direttamente provvedere a concedere licenze multi-territoriali (direttamente o tramite un intermediario).
Nel complesso, la direttiva (fermo restando che si tratta ancora di una proposta) appare convincente, nell’intento di modernizzare la gestione dei diritti sulle opere musicali.
Non si può tuttavia fare a meno di notare come non vi sia un pari grado di  avanzamento nelle proposte che riguardano la gestione collettiva dei diritti audiovisivi, il che favorisce l’appropriazione sulla base di regole contrattuali difficilmente contrastabili, da parte di realtà sovranazionali, nell’assenza di riferimenti certi sull’appartenenza e politiche moderne di licensing armonizzate a livello europeo ed internazionale.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – G.) 20 settembre 2012

Copyright : tra vecchie e “nuove” Hadopi, la Kroes invoca l’“ammodernamento”

Durante il Summit 2012 sulla proprietà intellettuale e l’innovazione, tenutosi a Bruxelles lo scorso 10 settembre, la Commissaria Europea per L’Agenda Digitale, Neelie Kroes, ha insistito molto, nella sua relazione, sulla necessità di un ammodernamento della Direttiva in materia di Copyright. La Direttiva sul Copyright, sottolinea la Kroes, è stata adottata nel 2001, sulla base di una proposta della Commissione Euopea del lontano 1998. Ma, nel mentre, sono intercorsi cambiamenti epocali nel settore. Basti pensare ad un social network come Facebook (allora Zuckerberg era quattordicenne, oggi la sua “creatura”, Facebook, conta quasi 1 miliardo di utenti attivi) o a YouTube (oggi, ogni secondo viene caricata 1 ora di video) allora inesistenti. E lo stesso accadeva per quanto concerne l’ambito musicale. Alla fine degli anni ’90 la musica si ascoltava per radio o su cd; oggi il supporto fisico sta quasi scomparendo grazie allo streaming e al downloading. La Kroes ha concluso il suo intervento esortando ad agire, adesso, per gli artisti, i consumatori e l’economia in generale.

Nel mentre negli Stati Uniti sembra esser pronta quella che viene definita “Hadopi d’oltreoceano”. Un provvedimento basato su 6 avvertimenti  che ha l’obiettivo di punire l’attività di downloading o condivisione di file pirata.

Jill Lesser, nominato a capo del nuovo “Center for Copyright Information”, intende sottolineare che questo sistema servirà soltanto a fini educativi e che rimanda all’Hadopi francese soltanto perchè simile nella struttura. Al momento appare difficile pronunciarsi, anche perché non sembra possibile acquisire informazioni più specifiche che consentano di comprendere a pieno il sistema di funzionamento. Il tentativo sarebbe quello di far comprendere i rischi del downloading illegale alle giovani generazioni, che sono quelle che maggiormente ricorrono a “scaricamenti” pirata. Ovviamente però ci saranno anche delle sanzioni e punizioni, che spetterà però ai vari operatori stabilire.

Tornando invece nel “vecchio continente”, ancora nel mirino l’Hadopi francese. Con l’arrivo del nuovo Presidente Hollande il sistema basato sui 3 avvisi (tanto caro a Sarkozy) ha iniziato a vacillare. E da diversi mesi il futuro dell’Alta Autorità dalla quale ha preso nome la legge, appare incerto. Ma la polemica si riaccende all’indomani della prima condanna del tribunale: 150 euro di sanzione per un giovane quarantenne accusato di aver scaricato alcuni brani musicali in maniera illegale. Che senso ha mettere in atto una macchina burocratica così costosa (ben 11 milioni di euro l’anno) se poi, a conti fatti, i risultati concreti sono così deboli???, si domanda (giustamente) il Ministro per la Cultura, Aurelie Filippetti.

 

(a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E.) 17.9.2012

Approvata la “Lex Google” tedesca, anche la Francia si desta ?!

La notizia è importante, ma i media italiani non le hanno attribuito la necessaria attenzione.
Lo scorso 30 agosto la controversa questione della “tutela del diritto d’autore nell’era digitale” è tornata alla ribalta sulla stampa internazionale a causa della legge, approvata dal governo tedesco, volta a tutelare i diritti d’autore degli editori di giornali “online”.
Il provvedimento, meglio noto come “Lex Google”, obbligherebbe i motori di ricerca (Google in primis) a versare un compenso agli editori, essenzialmente per il servizio Google News. La norma intende garantire un’equa partecipazione ai compensi che il gigante di Mountain View ottiene, a detta di molti, in modo “parassitario”.
Come prevedibile, l’opinione si è spaccata di fronte al provvedimento: da una parte, l’ampio sostegno degli editori tedeschi e dei simpatizzanti di una tutela forte del diritto d’autore; dall’altra, forti critiche provenienti dal partito “verde” e da quello “pirata”.
Google, subito dopo l’approvazione del provvedimento, ha commentato che si è trattato di un “giorno nero” per la rete.
Il Ministro tedesco della Cultura Bernd Naumann (del partito “cristiano democratico”) ritiene che il governo abbia fatto un passo importante per la tutela del diritto d’autore nell’era digitale.
A distanza di 10 giorni, anche la Francia è “insorta”: gli editori francesi pretendono quindi una legge che faccia pagare ai motori di ricerca per l’utilizzo dei loro contenuti. I responsabili delle testate “Nouvelle Observateur”, “Figaro” ed “Echoes” hanno richiesto un progetto di legge al governo, sul modello – appunto – della “lex Google” tedesca.
Francis Morel, Presidente e Direttore Generale di “Echoes”, ha dichiarato che questa legge andrebbe ad intaccare soprattutto il gigante di Mountain View, che pesa sul mercato per oltre il 90 % per quanto riguarda la ricerca “online”. Le critiche di Morel si sono poi dirette sulla questione dell’evasione fiscale di “Big G”, che – come è noto – ha sede in Irlanda.
Marc Feuillée, Direttore Generale del Groupe Figarò ha precisato che, diversamente da quella tedesca che riguarda gli aggregatori di notizie come Google News, la proposta di legge francese punta al mercato della “web search”, in particolare quella di contenuti. Feuillée sostiene che il testo potrebbe esser sottoposto al Parlamento e divenire legge entro fine 2012, con operatività fin dal 2013.

Post-scriptum. Va precisato che il Governo presieduto da Angela Merkel ha approvato un disegno di legge, che deve comunque essere sottoposto al vaglio parlamentare, e secondo alcuni osservatori, al di là della maggioranza di governo, il provvedimento dovrà affrontare nel Bundestag un iter faticoso, ben oltre la prevedibile resistenza del Partito dei Pirati (ovviamente) e del Partito dei Verdi.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 12 settembre 2012