Megaupload: un aggiornamento sullo stato del caso

Torniamo a ragionare nuovamente del “caso Megaupload”, per fare il punto della situazione, a quasi sette mesi dalla maxi-operazione internazionale, capitanata dall’Fbi, che ha portato alla chiusura del colosso del cosiddetto ”cyberlocking”, dei circa 16 domini internet ad esso collegati, ed all’arresto del suo fondatore.
Mr. Kim Schmitz (meglio noto come “Kim Dotcom”), padre di Megaupload e principale indiziato dei molteplici reati contestati al sito (dall’infrazione sistematica del copyright alla frode finanziaria, passando per una miriade di altre gravissime accuse), ha da poco ottenuto gli arresti domiciliari nella sua lussuosa villa in Nuova Zelanda, ed attende che l’Alta Corte neozelandese si pronunci sulle insistenti istanze di estradizione formulate dagli Stati Uniti, ma sembra aver ripreso le proprie attività.
In primo luogo, Dotcom ha annunciato il suo ritorno al web con “Megabox”, una nuova piattaforma in abbonamento tuttora in fase di sviluppo, concepita per permettere agli artisti che vi pubblicheranno i propri contenuti di vendere l’accesso agli stessi con bassi costi di intermediazione (senza dunque passare per le major discografiche ed audiovisive). La continuità con i precedenti progetti telematici di Dotcom sarà in un certo senso garantita dall’annunciata gratuità del primo anno di abbonamento a Megabox per tutti gli ex-abbonati di Megaupload.
La seconda iniziativa viene portata avanti da Dotcom tramite il proprio account Twitter: tramite tale canale l’ideatore di Megaupload ha a più riprese accusato l’Fbi e le autorità neozelandesi di aver posto in essere il sequestro di tutti i suoi beni (online e non) sulla base di “gravi errori procedurali”, che, se adeguatamente considerati dalla magistratura, porterebbero, a suo dire, all’immediata dichiarazione di nullità degli ordini di sequestro. Su questo fronte, tuttavia, gli inquirenti hanno già dichiarato che gli errori procedurali sono già stati corretti, e che nulla di quanto dichiarato da Dotcom potrà portare al dissequestro dei beni, trattati a tutti gli effetti come “prove e/o proventi di reato”. Intanto, la società di hosting Carpathia continua a trattenere, per ordine dei giudici circa 25 petabytes di materiali afferenti al caso Megaupload.
Una ulteriore mossa di Schmitz ha infine connotazione politica. Ha pubblicato un video su YouTube e tramite il nuovo sito web www.kim.com, in cui lancia  accuse (a suon di musica) all’amministrazione Obama, accusando il Presidente degli Stati Uniti di essere “ostaggio delle major discografiche” e di aver sostenuto progetti come Acta, Sopa e Pipa per “asservire il web ai produttori di Hollywood”. “La guerra per il web è cominciata”, inneggia “kim.com”, mentre si susseguono a video immagini dei manifestanti pro-Anonymous.
A prescindere dal tono, come sempre provocatorio, delle dichiarazioni del presunto “guru del file-sharing”, i contenuti del video e del sito web sono quantomai ambigui e non sembrerebbero preludere ad una effettiva entrata in politica: è difficile, insomma, comprendere se lo scopo di Schmitz sia davvero quello di ergersi a “paladino della libertà indisciplinata del web”, o se non si tratti dell’ennesima messa in scena orchestrata al solo scopo di raccogliere donazioni per il rilancio delle proprie attività sul web.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – G. ) 24 luglio 2012

Dalla Ue una Direttiva verso le “collecting society senza frontiere”

L’11 luglio il Commissario Europeo per il Mercato Interno, Michel Barnier, ha dato notizia, durante una conferenza stampa, di una proposta di Direttiva, di cui è principale promotore, volta alla modernizzazione e ad una maggiore efficienza delle società di “collecting” in Europa. Barnier ha sostenuto “In Europa abbiamo bisogno di un mercato digitale unico, al servizio dei creatori, dei consumatori e dei fornitori di servizi. Il miglioramento del funzionamento delle società che assicurano la gestione collettiva dei diritti d’autore permetterebbe ai fornitori di servizi di realizzare più facilmente servizi accessibili oltre le frontiere, cosa che è nell’interesse dei consumatori europei e della diversità culturale”. Obiettivo principale dell’Ue è quindi quello di un “mercato unico” che faciliti l’acquisizione dei diritti da parte degli operatori che lavorano a livello comunitario. Si verrebbe quindi a creare una sorta di “licenza unica europea” per la gestione dei diritti.

La proposta ha due obiettivi complementari: promuovere una maggiore trasparenza e migliorare lagovernance” delle società di gestione collettiva, introducendo obblighi di informazione più rigorosi e rafforzando il controllo delle loro attività da parte dei titolari di diritti e incoraggiare e agevolare la concessione di licenze di diritti d’autore multi-territoriali per l’impiego di opere musicali online nei paesi dell’Unione.

Il Commissario ha aggiunto: “i bisogni attuali sono differenti da quelli del passato e le società di collecting devono adattarsi al cambiamento. La domanda online cresce a ritmi incredibili, così come la rinnovata richiesta di governance e trasparenza. In passato i produttori di dischi compravano i diritti e poi vendevano prodotti; oggi se iTunes vuole mettere online un brano in tutta Europa, deve ottenere l’autorizzazione di ben 27 Paesi, senza menzionare i detentori di diritti. Questo complesso meccanismo è quello che noi vogliamo semplificare.”

Si ricorda che nel 2010 il mercato della musica digitale è cresciuto, in Europa, del 22 %, a fronte di un modesto + 4 % degli Stati Uniti.

La Europarlamentare francese del Ppe Marielle Gallo si è espressa a tutto favore della proposta, sostenendo che questa riforma porterà vantaggi soprattutto agli artisti e ai consumatori. Sulla base della nuova normativa infatti, gli autori e i detentori di diritti dovranno essere pagati entro 12 mesi. E le “collecting” che decideranno di concedere la licenze multi territoriali dovranno adeguarsi agli standard previsti dall’Ue.

In Italia, Enzo Mazza, Presidente di Scf (il consorzio che opera nella raccolta dei diritti musicali dei produttori discografici), ha dichiarato: “Importante passo in avanti nello sviluppo di un settore che rappresenta quasi il 25 % del mercato della musica in Italia. La Commissione ha stabilito regole di trasparenza e di governance nell’amministrazione dei diritti che sono fondamentali in un’era, quella digitale, dove i diritti si frammentano sempre di più ed è necessario che ogni titolare possa ricevere proventi sulla base delle effettive utilizzazioni”.

La Direttiva ha ricevuto il plauso anche della francese Sacem e della tedesca Gema. Si ricorda infine che la Direttiva proposta concorre al completamento di un mercato unico per la proprietà intellettuale e rientra infatti nella complessiva strategia della Commissione del 2011 sugli “ipr”.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 23 luglio 2012

“Italianshare”, ovvero quando la pirateria aggredisce (anche) la privacy

Nella giornata di oggi, 11 luglio 2012, la Guardia di Finanza ha dato applicazione ad una ordinanza del Tribunale di Agropoli, ed ha arrestato, dopo circa 6 mesi di indagini, il fondatore di “Italianshare.net” e di altri noti portali di pirateria audiovisiva digitale.
Tra i reati contestati a “Tex Willer”, soprannome digitale con il quale è noto il 49enne di Napoli, figurano non soltanto la fornitura illegale di “download/streaming” da piattaforme di “cyberlocking” (vale a dire di hard-disk virtuali in rete) e programmi “p2p”, ma anche l’illecita vendita del database di utenti registrati ai siti sequestrati, nonchè l’utilizzo di account PayPal esteri intestati ad ignari prestanome per la ricezione di donazioni dagli utenti iscritti, e la realizzazione di illeciti profitti da apposizione di pubblicità sulle pagine dei siti web illegali, per una evasione totale di circa 580.000 euro, oltre ad 83.000 euro di Iva.
A tali accuse si aggiungono, ovviamente, quelle per le numerose ed accertate violazioni amministrative del diritto d’autore, il cui “peso” è di ammontare compreso tra i 3 ed i 32 milioni di euro.
Il caso in esame vede innestarsi un ulteriore strato di illegalità su quello già grave della pirateria audiovisiva: non solo, dunque, “Tex Willer” guadagnava tramite banner pubblicitari dal “download/streaming” di terzi di opere protette da diritto d’autore/copyright, ma provvedeva sistematicamente a raccogliere in appositi database i dati degli utenti regitrati (nome utente, password, email, indirizzo ip di connessione), per poi rivenderli in rete al miglior offerente. Un atto di per sè illecito, in quanto compiuto senza acquisire alcuna autorizzazione da parte dei titolari dei diritti, nel dispregio assoluto di qualsiasi normativa, sia essa inerente il diritto d’autore che la privacy…

( a cura della Redazione di Italia Audiovisiva – G.) 11 luglio 2012

Alcuni aggiornamenti…

I primi mesi del 2012 hanno registrato picchi di attivismo dal punto di vista della lotta alla pirateria audiovisiva e musicale, tanto che alcuni giornalisti hanno ironizzato sulla presunta… “fine della pirateria”, anziché “fine del mondo” preconizzata dal calendario Maya per il 2012. Molti siti sono stati chiusi: da MegaVideo a MegaUpload, solo per citare i casi più rilevanti. Anche in Italia si plaude ad un anno da record per i sequestri di materiali piratati…

Se da una parte però si ottengono buoni risultati attraverso il blocco degli isp, dall’altra questa strategia sembra progressivamente perdere di efficacia, grazie a nuove modalità di aggiramento messe in atto per lo scambio di file illegali. In questo contesto, corre l’obbligo di segnalare alcune iniziative, una parte delle quali improntate ad una strategia  più “repressiva”, altre che contemplano invece modalità differenti di lotta ai pirati del web, basate più sulla stimolazione dell’offerta legale e sulla sensibilizzazione alla tematica.

Nel primo gruppo, spicca il caso del Giappone, Paese che ha recentemente inasprito le pene per coloro che downloadano materiali protetti. Si parla anche di… detenzione fino a 2 anni (!?!). Intanto, il Regno Unito annuncia un nuovo regolamento che Ofcom sta preparando, che ricalca la scia del modello francese basato sull’Hadopi. I nominativi dei pirati, dopo un certo numero di violazioni, verrebbero consegnati direttamente ai detentori dei diritti. Sembra comunque che il nuovo regolamento non entrerà in campo prima del 2014.

Sull’altro versante, si collocano invece Francia e Danimarca. La prima, complice il “passaggio di testimone” da Sarkozy ad Hollande, starebbe per abbandonare la tanto discussa Hadopi. Nel mentre, in occasione di una recente expo parigina rivolta all’infanzia, è stato presentato il super-eroe più odiato dai pirati, “Captain Copyright”. L’obiettivo è quello di sensibilizzare, fin dall’infanzia, in maniera divertente, i bambini sull’importanza della protezione dei contenuti e quindi insegnare loro che la pirateria è un male da combattere. Il supereroe “Captain Copyright” è stato ideato in Canada. Ancora non è certo, ma sembra ci sia l’intenzione di produrre anche una serie animata e dei fumetti che lo vedano protagonista. La Danimarca, invece, sta modificando il suo “piano d’azione”: dal versante punitivo sta “trasferendo” le proprie energie verso un approccio che favorisca lo sviluppo e la nascita di servizi legali. L’idea partirà, concretamente, con l’”Iinnovation Forum”, all’interno del quale chiunque voglia proporre nuovi modelli di business alternativo sarà ben accolto. La chiave di volta del “pacchetto pirata” (così è stata definita la strategia danese composta da norme ed iniziative volte a contrastare la pirateria audiovisiva), sarà basata sull’educazione dei consumatori.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva - E.) 10 luglio 2012

Bocciato “Acta”. La reazione delle industrie creative europee

Dopo molti mesi di “tira e molla” sul provvedimento “Acta” (acronimo che sta per “Anti Counterfeiting Trade Agreement”), e molte critiche e polemiche mosse da esponenti del “popolo della rete”, il 4 luglio 2012, il Parlamento Europeo ha respinto a grande maggioranza (478 deputati hanno votato contro, appena 39 a favore e 165 sono stati gli astenuti) l’accordo internazionale contro la contraffazione, perché ritenuto sostanzialmente lesivo delle libertà della rete e di alcune libertà fondamentali.

Si ricorda qui che le negoziazioni tra Stati erano iniziate (segretamente) già nel 2007, e che l’ultima versione di Acta è stata siglata a Tokyo nel gennaio 2012, da 22 dei 27 Paesi Ue e dagli Stati che già avevano già adottato il trattato dall’ottobre 2011 (l’Australia, il Canada, il Giappone, la Repubblica di Corea, il Messico, il Marocco, la Nuova Zelanda, Singapore, la Svizzera e gli Usa). Il Parlamento Europeo è stato chiamato a ratificare l’accordo il 26 giugno 2012. La ratifica è stata definitivamente respinta con la votazione del 4 luglio 2012.

La più grave accusa verso il trattato è stata identificata nella sua “vaghezza” di intenti, “segretezza” di gestazione, e quindi “pericolosità” per la tutela delle libertà individuali. A parere di molti, infatti, non è possibile riscrivere le regole fondamentali dell’Unione Europea attraverso negoziazioni vischiose, riservate, addirittura misteriose. La bocciatura quindi, più che all’Acta in sé, sembra esser stata rivolta alla sua genesi poco trasparente. L’accordo è stato fortemente criticato soprattutto perché oggetto di negoziati (troppo) riservati fra gli Stati, e quindi lesivo dei diritti e delle libertà fondamentali dei cittadini, europei e non europei, al punto da innescare, nei mesi scorsi, una vasta mobilitazione internazionale.

Il trattato si prefiggeva un’azione di “lotta” generale contro la contraffazione, che partiva dai medicinali per arrivare alla pirateria audiovisiva. E la decisione della Ue è stata inesorabile, nonostante alcuni appelli invocassero di attendere il pronunciamento della Corte di Giustizia Europea, chiamata, dalla stessa Commissione, ad esprimere un parere sul trattato. Nonostante questa decisione, plaudita dai difensori della massima libertà della rete, ma fortemente contestata dai rappresentanti delle industrie creative, il Commissario al Commercio Karel De Gucth ha ribadito la ferma volontà della Ue di dotarsi, al più presto, di un testo per la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Ed ha aggiunto “continueremo a chiedere il parere giuridico della Corte di Giustizia sull’Acta, per comprendere se lede qualcuno dei diritti fondamentali dei cittadini europei. Servirà a stabilire come andare avanti su questo tema”.

Marco Polillo, Presidente di Confindustria Cultura Italia (Cci), ha evidenziato la contraddizione, ovvero il paradosso della scelta: Polillo contesta infatti la decisione dell’Unione Europea in quanto le norme contenute all’interno dell’accordo si trovano già nell’ordinamento italiano così come in quelli di molti altri Paesi firmatari. L’Acta aveva infatti soltanto un ruolo di “armonizzazione” dei differenti ordinamenti. E ancora, ha incalzato Polillo “è paradossale che i legislatori si riempiano la bocca parlando di politiche culturali, e contemporaneamente decidano di continuare a proteggere chi uccide la cultura e la creatività”.

Lo “scontento” e lo “sconforto” non è arrivato soltanto dall’Italia. Le principali associazioni europee dell’industria creativa, hanno diramato un comunicato stampa per spiegare le loro ragioni e i motivi della loro critica alla decisione della Commissione. Riteniamo quindi utile riprodurre, in calce, il comunicato nella sua interezza, segnalando che i firmatari appartengono ad alcune delle oltre 130 federazioni rappresentanti settori che danno lavoro a più di 120 milioni di persone nelle industrie di produzione innovativa e di creazione di tutta Europa, e che hanno firmato una lettera di sostegno all’Acta. Maggiori informazioni disponibili su www.actafacts.com

Le industrie manifatturiere e creative d’Europa reagiscono al voto del Parlamento europeo sull’Acta

Bruxelles, 4 luglio – Le imprese europee innovative dei settori manifatturieri e creativi ritengono che il voto odierno del Parlamento europeo sarà pregiudizievole per la proprietà intellettuale, l’occupazione e l’economia europee. Con questa decisione sull’Acta, l’Ue ha perso un’occasione per tutelare le sue industrie creative e innovative nel contesto del mercato internazionale. “L’Acta è uno strumento importante per promuovere l’occupazione e la proprietà intellettuale in Europa. Purtroppo, al Parlamento Europeo il trattato è partito con il piede sbagliato, e le sue motivazioni più autentiche e significative andranno perdute”, pronuncia Anne Bergman-Tahon, Direttrice della Fep (Federazione degli Editori europei), uno dei membri della coalizione di oltre 130 organizzazioni che sostengono l’Acta. Molti parlamentari europei avevano auspicato l’attesa del parere della Corte Europea di Giustizia per poter prendere una decisione definitiva. Frances Moore, Ceo dell’Ifpi, commenta: “A questo punto attendiamo la sentenza della Corte Europea di Giustizia, ed esortiamo il Parlamento europeo a fare dell’efficace tutela della proprietà intellettuale una delle principali priorità della nostra politica commerciale con i paesi terzi”. I diritti di proprietà intellettuale rimangono il motore della competitività globale dell’Europa e uno stimolo alla crescita dell’economia e dell’occupazione. Nell’attuale congiuntura economica la loro tutela è particolarmente importante oltre i confini dell’Ue. “L’Europa potrebbe avere colto l’occasione di sostenere un importante trattato che migliora le norme della proprietà intellettuale sul piano internazionale. Ci aspettiamo che l’Acta andrà avanti senza l’Ue, e sarà una perdita non da poco per i 27 Stati membri” afferma Alan C. Drewsen, Executive Director dell’Inta (International Trademark Association). Le discussioni sull’Acta rappresentano il maggiore negoziato multilaterale concluso nel quadro costituzionale dopo il Trattato di Lisbona. Secondo Thomas Boué, Director Government Affairs, Emea della Bsa (Business Software Alliance): “la violazione dei diritti di proprietà intellettuale rappresenta un problema enorme in Europa e esiste una necessita’ evidente di promuovere norme internazionali e migliori procedure per far rispettare i diritti della pi. Acta servirebbe come un importante passo in avanti nelll’elevare gli standard globali per la protezione dei diritti della pi. E’ un vero peccato che il trattato si sia impantanato in questioni inter-istituzionali e che questo tipo di considerazioni abbia alla fine pregiudicato l’intero processo”. Pur comprendendo gli sforzi del Parlamento europeo di essere visto come un organo attento alle preoccupazioni dei cittadini, le nostre organizzazioni, che rappresentano settori che danno lavoro a più di 120 milioni di persone in Europa, hanno sostenuto l’approvazione dell’Acta”, dice Jeffrey P. Hardy, Direttore di Icc-Bascap“Il Parlamento europeo dice no all’Acta ma sottolinea che il ’coordinamento globale della pi è indispensabile’. Rispettiamo questa posizione,” dice Johannes Studinger, a capo del sindacato globale UniMei. “In effetti, nell’economia digitale globale, la crescita sostenibile delle industrie creative richiede un’efficace tutela dei diritti di proprietà intellettuale. Ma le politiche di protezione prive di un forte impegno internazionale sono inefficaci. Chiediamo alle istituzioni europee di lavorare insieme anziché opporsi l’una all’altra trasformando l’impegno comune in politiche efficienti”. I soggetti che mettono in questione l’Acta invocano vari principi e preoccupazioni. “Purtroppo, il dibattito sull’Acta è stato inquadrato in termini di censura e di ‘smantellamento dell’internet’ piuttosto che in termini di tutela della base economica dell’occupazione in Europa,” dice Dominick Luquer, Segretario Generale della Fia (Federazione Internazionale degli Attori). “Contrariamente a molte dichiarazioni rilasciate, i diritti fondamentali della persona sono pienamente rispettati dall’Acta, e a questo proposito attendiamo con fiducia la sentenza della Corte Europea di Giustizia,” afferma Dara MacGreevy, Anti-Piracy Director dell’Isfe, che rappresenta il settore europeo dei video game. Guardando al futuro, siamo convinti che i politici europei debbano continuare il loro lavoro per la tutela in Europa e nel mondo dei diritti di proprietà intellettuale, che sono un pilastro dei nostri settori di produzione e innovazione. “Siamo incoraggiati dalle dichiarazioni fatte oggi al Parlamento europeo, che ribadisce che il voto di oggi non è un voto contro l’applicazione e la tutela dei diritti di proprietà intellettuale. I settori di produzione e innovazione di tutta Europa guardano ora agli altri firmatari dell’Acta per la tutela dei loro diritti internazionali,’ dice Alberto Paccanelli, Ceo, Presidente di Euratex (Organizzazione Europea per il Settore Tessile e Abbigliamento).

 

I firmatari del comunicato sono:

- Acg (The Anti Counterfeiting Group)

- Act (Association of Commercial Television in Europe)

- Aim (European Brands Association)

- Bascap (Business Action to Stop Counterfeiting and Piracy)

- Bsa (Business Software Alliance)

- Euratex (the European Apparel and Textile Confederation)

- Fep (Federation of European Publishers)

- Fia (The International Federation of Actors)

- Ifpi (International Federation of the Phonographic Industry)

- Inta (International Trademark Association)

- Isfe (Interactive Software Federation of Europe)

- Mpa (Motion Picture Association)

- Uni Global Union.

 

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – E. ) 6 luglio 2012