L’interessante “pronuncia pregiudiziale” della Corte di Giustizia dell’Unione Europea

Il 9 febbraio 2012, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (nota anche con l’acronimo “Cgce”) ha emesso una pronuncia pregiudiziale, su richiesta del Handelsgericht Wien (Tribunale Commerciale di Vienna) per quanto riguarda i diritti di sfruttamento del regista e del produttore di un film. Si tratta di un pronunciamento interessante. A livello nazionale, il caso coinvolge il regista e produttore di un film documentario sulla fotografia di guerra tedesco durante la seconda guerra mondiale (“Fotos von der Front”). Le due parti avevano concluso un accordo, riconoscendo i rispettivi ruoli e l’assegnazione di diritti d’autore e diritti connessi al produttore del film, con l’eccezione di alcuni metodi di sfruttamento (come la trasmissione a gruppi chiusi di utenti e pay-tv), che sono stati oggetto di un pagamento distinto. Il contratto non ha specificato nulla per alcuni prelievi di legge (ad esempio, l’equo compenso o il prelievo sulle registrazioni del materiale). La controversia è sorta quando il produttore cinematografico ha reso disponibile “online” il filmato ed ha deciso di assegnare i diritti di un film ad una piattaforma “video-on-demand”. Il regista ha sostenuto che questo metodo di sfruttamento era stato riservato a lui per contratto, e che quindi il contratto e il suo diritto d’autore e’ stato violato. Il produttore cinematografico  ha sostenuto che tutti i diritti esclusivi di utilizzazione sono invece stati assegnati a lui. Inoltre, ha fatto valere i citati prelievi di legge. Il giudice ha accertato che nel diritto austriaco i diritti di sfruttamento sono direttamente e originariamente attribuiti al produttore di film. Gli accordi che hanno un effetto contrario erano nulli. La legge prevedeva che i diritti legali delle retribuzioni fossero invece ripartiti in parti uguali tra il produttore cinematografico e regista, ma poteva essere derogata. Dai dubbi del giudice sulla legittimità della normativa in questione la domanda di un giudizio preliminare alla Corte di Giustizia Europea.
Secondo la Corte di Giustizia Europea, il diritto comunitario impone agli Stati Membri di concedere al regista i diritti di  sfruttamento di un’opera cinematografica insieme con il diritto ad un equo compenso. Le leggi nazionali possono stabilire una presunzione di cessione dei diritti di sfruttamento al produttore cinematografico, a condizione che il regista possa sempre concordare altrimenti. Tuttavia, l’equo compenso non può essere oggetto di una presunzione di trasferimento.

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva – G.) 20 aprile 2012

Viacom vs Google-YouTube: l’appello ribalta il primo grado, ma…

Nella querelle che vede contrapposti Viacom e Google-YouTube, la decisione in appello ribalta la sentenza di primo grado, ma sulla base di dichiarazioni di consulenti Google!
Una decina di giorni fa, la Corte d’Appello del Secondo Circuito degli Usa ha accolto l’appello della società Viacom nei confronti della precedente sentenza del 2010, con la quale il colosso Google-YouTube era stato scagionato dall’accusa di ripetuta infrazione ed incoraggiamento all’infrazione del copyright, da parte del colosso di Mountain View, mediante la pubblicazione e l’hosting di contenuti in violazione dello stesso.
Nella prima sentenza, della quale abbiamo anche discusso all’interno del rapporto di ricerca ”Italia: a Media Creative Nation”, YouTube non era stata condannata, in quanto il giudice aveva rilevato:
- che le segnalazioni di Viacom circa il materiale illegalmente caricato dagli utenti su YouTube avevano sortito pieno effetto, e gli stessi erano infatti stati rimossi in breve tempo dal celebre aggregatore video;
- che il procedimento di cosiddetta “notice and take down” adottato da YouTube è l’unica misura che possa essere correttamente adottata, a fronte dell’impossibilità di porre in essere controlli preventivi o simultanei al caricamento dei video da parte degli utenti;
- che, a differenza del precedente caso Grockster, i servizi di condivisione video offerti da Google su YouTube non fossero di per sè orientati alla condivisione illegale di video non autorizzati.
Tali risultati erano stati ottenuti dai giudici di primo grado tramite l’applicazione del c.d. principio del “safe harbour”, previsto dal Digital Millennium Copyright Act (Dmca, la normativa americana sul copyright in rete), previsione molto simile all’europeo “mere conduit”, in base al quale il fornitore di servizi di “hosting” non può essere riconosciuto responsabile per gli illeciti commessi dai propri utenti. Questo, tuttavia, a condizione che non sia dimostrato che lo stesso fornitore di hosting fosse a conoscenza degli illeciti dei propri utenti.
Proprio su quest’ultima affermazione, la Second Circuit District Court degli Stati Uniti  argomenta che, come risulta da dichiarazioni degli stessi consulenti di Google interpellati in primo grado, YouTube stimasse la presenza di quasi il 90 % di contenuti illegali sui propri server, senza fare nulla per prevenire una così alta percentuale di illecito.
Peraltro, incalza la Corte d’Appello Usa, non è chiaro come, da una situazione di così marcato disinteresse per ciò che transita per la piattaforma si passi invece ad una “pronta e solerte rimozione dei contenuti”, dopo la segnalazione del proprietario dei contenuti/dei diritti di sfruttamento sugli stessi.
In base a tali argomentazioni, la sentenza di primo grado è stata annullata, e la Corte di Appello Usa ha rinviato il caso al Tribunale Distrettuale di primo grado, affinchè valuti con maggiore attenzione sia la consapevolezza di Google-YouTube della presenza di video illeciti sulla propria piattaforma multimediale, sia l’effettiva possibilità per la stessa società di porre in essere misure di controllo tecnico, per arginare il dilagare di fenomeni di violazione del copyright così estesi.
E’ naturlamente troppo presto per tracciare valutazioni finali sulla vicenda, ma va sottolineato che una decisione come quella adottata dalla Second District Court sembra ribaltare quello che è stato sinora il trend mantenuto dalle corti Usa, riaccendendo l’annosa questione sulla legittimità o meno di imporre ai fornitori di hosting controlli maggiormente pervasivi su ciò che gli utenti iscritti caricano sui loro server.

( a cura della redazione di Italiaudiovisiva – G. ) 20 aprile 2012

“Italian Digital Agenda Annual Forum”: una gran delusione la kermesse di Confindustria Digitale, nonostante Kroes e Passera e Profumo…

Segnaliamo e riproduciamo a seguito l’articolo che abbiamo pubblicato sul sito web del mensile del gruppo Il Sole 24 Ore “Millecanali”, nell’edizione del 12 aprile 2012. Il titolo originale è “La ‘giornata digitale’ di Roma”.

http://www.millecanali.it/la-giornata-digitale-di-roma/0,1254,57_ART_9767,00.html

Una gran delusione la gran kermesse promossa da Confindustria Digitale a Roma nella mattinata di mercoledì 11 aprile 2012, nella sala grande dell’Auditorium di Renzo Piano, nella “città culturale” della Fondazione Musica per Roma, affollata ma non affollatissima (è pur vero che si tratta di una sala da 1.400 posti). Dopo quattro ore di conferenza, la sensazione diffusa è stata: e allora? Veramente “nihil novi sub sole”.

La Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica ha accolto i partecipanti al primo “Italian Digital Agenda Annual Forum”, evento promosso da Confindustria Digitale, in partnership con il Forum della Pubblica Amministrazione.

Ricordiamo che Confindustria Digitale è la nuova federazione di rappresentanza industriale, costituita pochi mesi fa in ambito confindustriale: sono soci Assotelecomunicazioni-Asstel (associazione della filiera delle imprese di telecomunicazioni), Assinform (in rappresentanza dell’“Information Technology”), Anitec (che riunisce i produttori di tecnologie e servizi di ict e consumer electronics), Aiip (associazione degli internet provider), Assocontact (associazione dei “contact” e “call center”), Asso.it (associazione nazionale fornitori information technology – document management & printing). Il presidente è Stefano Parisi (già alla guida di Fastweb, ed ancor oggi membro del cda del controverso gruppo ormai controllato da SwissCom), che guida la Federazione coadiuvato da due vice presidenti, Paolo Angelucci, a capo di Assinform, e Cristiano Radaelli di Anitec. A Confindustria Digitale, fanno capo imprese per un totale di oltre 250.000 addetti, che realizzano un fatturato annuo di oltre 70 miliardi di euro (stime della stessa Cd). Da segnalare, in particolare per i lettori di “Millecanali”, che la Federazione Radio-Televisioni (Frt) è attualmente fuori dal sistema confindustriale, perché uscita da Confindustria Servizi Innovativi nel corso del 2011…

La kermesse, diversamente da quanto accade il più delle volte negli italici convegni, è iniziata con discreta puntualità. Da segnalare che, prima dell’inizio, gli altoparlanti diffondevano musichette pop non esattamente “made in Italy”, ma – certamente – questi sono dettagli, rispetto ad una iniziativa organizzata senza dubbio in modo abbastanza accurato e certamente con adeguato dispendio di risorse. Tra i dettagli, ci piace osservare come i partecipanti siano stati costretti ad un quarto d’ora medio di attesa, in diligente fila indiana, prima di poter accedere alla sala… Corre l’obbligo di raccontare, con una qual certa ironia, la vicenda dell’accredito: nonostante la mail di conferma, successiva all’accredito telematico, da stampare e presentare il giorno della kermesse, riportasse un “barcode” (e questo aspetto veniva enfatizzato nelle comunicazioni di Cd), ai banchi dell’accoglienza non c’era nessun lettore di codice a barre, e, al termine della lunga fila, alcune hostess, dopo aver chiesto il nominativo, procedevano ad evidenziare il nome su una lista cartacea… Non male come inizio di una conferenza sull’agenda digitale! Dettagli, certamente, ma sintomatici, allorquando si dichiara di avere nell’efficienza tecnologica un valore fondante…

Grande l’enfasi, prevedibile, di tutti gli intervenienti sulle potenzialità della rete per la crescita, per l’occupazione, per il “valore aggiunto”, per i risparmi ottenibili tramite la digitalizzazione delle pubbliche amministrazioni, per la “coesione sociale” e finanche per il complessivo “welfare” nazionale (nelle iperbole retoriche, nessuno ha evocato il concetto di “felicità”, ma ci siamo andati vicini).

La prima parte della mattinata ha ospitato cinque interlocutori chiamati a portare la loro “testimonianza”. Si tratta di professionisti ed imprenditori che operano in strutture che hanno già messo in atto il processo di digitalizzazione o che comunque sfruttano le nuove tecnologie e possono quindi raccontare vantaggi e potenzialità della digitalizzazione. Poche parole di Stefano Parisi, Presidente di Confindustria Digitale, danno inizio ai lavori. Il “padrone di casa” ci tiene a precisare che il Ministro Profumo ha suggerito, al posto di “agenda digitale” (che voleva essere il titolo originario della kermesse), un’espressione che fosse più chiara per tutti, suggerendo come titolo “Internet può cambiare l’Italia”, poi divenuto definitivamente “Internet #cambia l’Italia. Oh, perbacco, che gran originalità! Intervengono, nell’ordine, Attilio Befera, Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Riccardo Donadon, fondatore di H-farm Ventures, Carlo Maccari, Assessore alla Semplificazione e Digitalizzazione della Regione Lombardia (il Presidente Formigoni è stato chiamato da superiori quanto imprevisti impegni), Marco Polillo, Presidente di Confindustria Cultura Italia, Matteo Renzi, Sindaco di Firenze.

Da tutti i relatori viene ribadito il concetto che “costruire un’agenda digitale per il Paese vuol dire costruire il futuro”. Oh, perbacco! C’è chi poi come Befera insiste sui vantaggi in termini di snellimento della macchina burocratica della pubblica amministrazione… chi, come Maccari, crede nel ruolo giocato dalle singole Regioni nel processo di digitalizzazione dell’Italia, respingendo l’idea di operazioni “calate dall’alto”, ma ricordando la babele di sistemi informatici utilizzati dalla stessa Regione Lazio… chi, come Polillo, ripone speranze nel ruolo determinante giocato dalle nuove tecnologie per quanto riguarda l’educazione ed enfatizza come cultura e tecnologia vadano in verità nella medesima direzione, alleati e non nemici. Interessante ed innovativo il racconto di Donadon (arricchito da un eccellente video auto promozionale), quarantenne, che, con una “buona idea” e molta fortuna (dall’azienda di famiglia al sostegno di Benetton), è stato in grado di creare nella sua terra (il Veneto) un vero e proprio “distretto” agricolo-tecnologico, riuscendo ad attrarre giovani ed assistendo lo sviluppo di numerose aziende: il suo gruppo (H-farm, ove “h” sta per “human”) è infatti uno dei maggiori “investitori” in “start-up” attivi in Italia ed a livello mondiale (tecnicamente, è un “venture incubator”).

La seconda parte della mattinata, dopo una esageratamente lunga e ridondante presentazione di Parisi (peraltro a tratti un po’ troppo “autopromozionale” e con una qualità “grafica” veramente “low profile” se non “cheap”…), è stata dedicata agli interventi istituzionali. I lunghi interventi dei due Ministri che hanno preso parte alla mattinata, Corrado Passera (Sviluppo Economico) e Francesco Profumo (Istruzione), hanno lasciato delusi gran parte dei presenti, e certamente chi redige queste note. Troppo lunghi e assai vacui, anche se con “intermittenti” stimoli. Passera afferma con insistenza che, per realizzare un’agenda digitale per il Paese occorre “lavorare insieme” ed “avere un sogno in cui credere”. Oh, perbacco! “Non è la macchina che spinge l’autostrada, ma l’autostrada che spinge la macchina” è sua una citazione retoricamente efficace, ma noi restiamo dell’idea che a poco serva una gran bella… autostrada, se non ci sono automobili di qualità (i contenuti, i contenuti, i contenuti): insomma, a che serve una autostrada a quattro corsie, se poi ci si muove con una (con tutto il rispetto per Marchionne) Fiat Panda?! Profumo invece sintetizzerà efficacemente il suo intervento con l’espressione “la tecnologia evolve, la cultura è invece quello che rimane”. Però! Qualcuno ha addirittura applaudito, ma forse si è trattato di una reazione pavloviana. Nemmeno un cenno – si noti bene – alla “notizia del giorno” (d’accordo, del giorno prima, ma suvvia…) ovvero all’annullamento – annunciato e confermato (ma si nutrono dubbi su eventuali “u-turn”) – del “beauty contest”. Stimolata sull’argomento, la Commissaria europea forse avrebbe manifestato un qualche commento…

Alle 13.45, con un ritardo di circa mezz’ora sulla “tabella di marcia”, è il momento delle conclusioni, lasciate alla “special guest”, la Commissaria Europea per l’Agenda Digitale, Neelie Kroes. Kroes, nonostante il suo ruolo di rappresentante europeo non glielo richieda (in verità, non glielo consenta), tesse sperticate lodi verso il premier Monti ed i membri del suo esecutivo. Incredibilmente, ha sostenuto: “anche se io non posso esprimere giudizi sugli esecutivi degli Stati membri, consentitemi di suggerirvi: tenetevi ben stretti Mario Monti, il più a lungo possibile”. Non si deve essere filo-berlusconiani, ma semplicemente italiani, per ritenere inopportune, e saccenti, e certamente “politically uncorrect”, dichiarazioni di questo principio, con buona pace dell’essere i commissari europei “super partes”… Transeat.

La Commissaria, dopo aver ribadito gli enormi vantaggi offerti dalla digitalizzazione, si è soffermata su un tasto dolente anche per il nostro Paese: la disoccupazione giovanile, assicurando che il settore dell’ict consentirà di attivare, entro il 2015, 700mila nuovi posti di lavoro (come spesso accade, non vengono citate le fonti di queste stime e previsioni, e quasi sempre si tratta di numeri in libertà). Altro grave problema italiano è quello del così detto “digital divide”, allorché la Commissaria ha evidenziato come il 41 % degli italiani non abbia mai avuto accesso ad internet: già soltanto questo dato dovrebbe stimolare in Monti e Passera e Parisi verso una sana autocritica sul da farsi, allorquando Parisi ed altri hanno avuto il coraggio di sostenere che l’Italia “non è arretrata”, nel confronto europeo, rispetto alle infrastrutture ed in particolare rispetto alla diffusione della banda larga (in argomento, Passera ha citato “elaborazioni” su fonti Eurostat, ma sia consentito nutrire dubbi sulla affidabilità di questi dati: noi possiamo soltanto testimoniare che, nel centro storico della capitale d’Italia, la fibra ottica è un puro sogno, con la benedizione di Telecom Italia). L’agenda digitale per l’Europa è un tassello che può rendere competitivo il “vecchio Continente”. Dà quindi il benvenuto alla “Agenda digitale” per l’Italia e, rispondendo all’invito di Parisi, dichiara che sarà lieta di tornare il prossimo anno per valutare lo stato dell’arte della tanto osannata Agenda Digitale.

Una osservazione finale: nella “agenda digitale” in gestazione, nessun cenno alla questione che riteniamo resti centrale, ovvero i contenuti, i contenuti, i contenuti. Anche se – con simpatia – è stato citato naturaliter Jobs e la sua teorizzazione sulla convergenza naturale ed inevitabile tra tecnologie ed umanesimo, per creare vera innovazione. Ricordiamo che in occasione della presentazione dell’iPad, alla fine del 2010, il fondatore della Apple sostenne: “nel dna della Apple c’è che la tecnologia, da sola, non basta: è la tecnologia sposata con le liberal arts, sposata con le “humanities”, che producono i risultati che fanno cantare i nostri cuori”. Soltanto il Presidente di Confindustria Cultura ha battuto sul tasto della centralità dei contenuti, rimarcando – tra i ritardi del nostro Paese – l’assurdità delle sperequazioni nel trattamento impositivo dei differenti prodotti culturali: l’Iva sui libri cartacei è al 4 %, l’Iva sui libri elettronici è al 21 %. E Monti tace.

Angelo Zaccone Teodosi e Elena D’Alessandri (rispettivamente Presidente e Responsabile di Ricerca dell’Istituto italiano per l’Industria Culturale – IsICult)

( a cura della Redazione di Italiaudiovisiva ) 13 aprile 2012

Contraddizioni ed opacità dell’Agcom… ma non soltanto

Crediamo che un gruppo di lavoro come quello del progetto “Italia: a Media Creative Nation” non possa non commentare quel che si registra in questi giorni nella comunità professionale: una diffusa sensazione di complessivo e diffuso sconforto. I giudizi di Scorza o di D’Angelo ci appaiono eccessivamente lapidari e “di parte”, ma c’è del vero nelle loro analisi critiche: le ultime settimane del mandato del Presidente dell’Agcom si stanno caratterizzando per molte contraddizioni e non poche opacità. Analizzando attentamente le dichiarazioni di Calabrò (manifestate di fronte alle Commissioni Parlamentari, non in riservati conversari prandiali), così come quelle di Catricalà (che ha smentito l’attendibilità della bozza che la Masera aveva pubblicato sul suo blog su “La Stampa”), emerge un andamento veramente ondivago, rispetto al sempre più mitico “regolamento” che dovrebbe normare (…) il diritto d’autore “online”. E che dire delle voci sui possibili candidati all’Agcom che verrà?! Uno strano articolo di “Italia Oggi”, nell’edizione odierna, sparava a piena pagina… Zeno Zencovich come sicuro futuro Presidente dell’Autorità (sostenendo che l’eccellente accademico godrebbe di una benedizione della triade di governo ”abc” Alfano-Bersani-Casini), ma prontamente è giunta una smentita di Bersani, addirittura con un comunicato stampa ufficiale del Pd… La questione delle nomine all’Agcom ed al cda Rai dovrebbe essere trattata con maggiore trasparenza: crediamo che le proposte – avanzate dall’Italia dei Valori – di procedure pubbliche, con curricula e programma dei singoli candidati in bella evidenza, siano veramente cosa buona e giusta. Soprattutto per un governo di “tecnici”, aggiungiamo. Attendiamo le decisioni di Monti: non particolarmente fiduciosi però, ahinoi.

a cura di Angelo Zaccone Teodosi – a.zaccone@isicult.it ) 5 aprile 2012